Dove va lo shopping? Al Cirque du Soleil
Maggio 2016. Dove va lo shopping italiano? La domanda è stata posta dal 3° workshop su questo tema organizzato da Canali&, Trade Lab, GS1 Italy, con il patrocinio del CNCC.
La risposta, convincente, è di Luca Pellegrini, Presidente di Trade Lab. Il centro commerciale deve fare come il circo. Cos’era il circo fino a qualche anno fa? Un prodotto vetusto che perdeva visitatori ed era sempre meno credibile con i suoi animali spelacchiati e soporiferi. Poi è arrivato il Cirque du Soleil che l’ha interpretato e l’ha portato nel futuro. Oggi è una società patrimonializzata in miliardi e attira utenti in tutto il mondo.
Perché il professor Luca Pellegrini fa un simile parallelo? Perché il centro commerciale deve risvegliarsi dal suo torpore e da riti promozionali sempre eguali (tranne l’uso di Peppa Pig, che mantiene la sua allure) e cercare nuove strade di sviluppo, soprattutto deve andare a cercare ex clienti non più contenti di prendere l’auto e andare fuori città.
Oggi, dice la ricerca di Trade Lab, il 30% dei visitatori dei cci non compra nulla, nella sua visita, si reca nel centro per fare una passeggiata, mangiare una pizza, fare una visita oculistica, fare un’analisi del sangue, magari farsi curare dal dentista. È, insomma, come dice, Pietro Malaspina di Aedes, vecchia volpe dei cc, un punto di frequentazione, un luogo dove accadono tante cose. “Faccio un giro nel centro, compro all’ipermercato”: come si vede da questa battuta è caduto il paradigma dell’acquisto.
Oggi internet si sovrappone a tutti i canali di vendita, osserva Pellegrini e l’acquisto di dovere, la spesa alimentare è sempre più procurement, mentre lo shopping deve diventare qualcosa di edonistico, di sogno. E per le persone fare shopping è sempre più una cosa seria, tutt’altro che banale. Le persone vanno nei centri commerciali e nei centri urbani per informarsi, per aggiornarsi, per imparare, per provare i prodotti, per confrontarsi e nel farlo impiega tempo. Il tempo del consumatore, sottolinea Pellegrini, è una variabile importantissima, il cci deve usarlo con parsimonia e non approfittarsene. Deve essere impiegato per rassicurare, per fornire autogratificazione affinchè il consumatore nella sua visita dica: “Voglio sorprendermi e uscire soddisfatto”. Ma questo avviene poche volte. Il consumatore vuole esplorare, ha desiderio di nuovi negozi e di nuovi prodotti (che molte volte non ci sono).
Pellegrini divide il commercio in 4 parti:
. Il commercio diffuso, on the go,
. Il commercio di città, walking the town,
. Il commercio via internet, c’è sempre e si accede da ogni dove,
. Il CCI, e qui mette un punto di domanda perché il CCi deve trovare una nuova strada, deve reiventarsi, come ha fatto il Cirque du Soleil.
La misurazione delle attività del CCI
Il convegno ricordato ha proposto anche nuovi modi di operare, ad esempio con la misurazione degli eventi, costruendo, come dice Stefania Romenti di Trade Lab, il Roi di ogni evento. È un nuovo indice di misurazione basato su:
. esperienza,
. reputazione,
. narrazione,
. fatturato+visitatori.
È un salto di qualità, sottolinea Massimo Moretti, presidente dell’CNCC per meglio sfruttare i budget di comunicazione e di promozione, indispensabili ad ogni attività commerciale.
E allora qual è il futuro dello shopping?
Una polarizzazione, dice Pietro Malaspina, fra gli experience hub come i Westfield e i centri commerciali di vicinato. Chi sta in mezzo o si dimentica le osservazioni di Pellegrini, avrà problemi. Come chi non pensa a un marketing strutturato, strategico e operativo, in comune con tutte le componenti del centro commerciale, afferma Ermanno Canali.