Esselunga: cosa dice la busta del notaio Marchetti?
Febbraio 2014. Dopo il commiato di Bernardo Caprotti dalle operation di Esselunga nel dicembre dello scorso anno, tutti si interrogano su cosa succederà quando il notaio Carlo Marchetti aprirà la busta con il testamento del fondatore, che disegnerà il futuro del gruppo di Limito di Pioltello (Mi).
Abbiamo provato anche noi a capire l’evoluzione di quel testamento notarile, ma probabilmente per capire il futuro del gruppo avremo bisogno di spingerci ancor di più nel lungo periodo.
La premessa
Il gruppo Esselunga ha un valore compreso fa i 4 e i 4,5 mld, stime RetailWatch. È una cifra rilevante. Difficile che un’azienda retail (Tesco, Mercadona, Walmart, Delhaize) abbia una simile forza finanziaria per comprarla da sola. Con ogni probabilità può essere divisa e venduta in parte a seconda della specializzazione, con contratti vincolanti per far rimanere integro il valore dei negozi.
Il gruppo
Il gruppo è composto da quattro grandi agglomerati:
1. La logistica deve servire i 142 pdv dai tre cedi: Limito di Pioltello (MI) alle porte di Milano, Biandrate (Novara) e uno a Sesto Fiorentino (Firenze). Un altro cedi potrebbe essere aperto nel lungo periodo per far fronte all’ingresso a Roma. Può essere acquistata da aziende specializzate del ramo.
Valore della logistica: 1,5 mld.
2. La produzione: A Limito di Pioltello sono presenti lo stabilimento che gestisce la produzione di gastronomia e il Centro di lavorazione carne. A Biandrate (No) è attivo uno stabilimento specializzato nella lavorazione dei prodotti ittici freschi, con un’area dedicata alla lavorazione del sushi. A Parma si trova lo stabilimento di produzione di pasta fresca e prodotti da forno. Può essere acquistata da produttori o industrie di marca che diventerebbero fornitori e copacker di Esselunga.
Valore della produzione: 350 mio di euro
3. Gli immobili. 84 edifici sono della Villata partecipazioni, altri di Dom su un totale di 143. È un business che potrebbe rimanere agli eredi, quelli citati nella busta del notaio Corrado Marchetti. Quanti sono gli eredi?
Valore degli immobili: 1,2 mld di euro e forse più, quel che conta è la rendita, perché sono affittati a esercizi commerciali con grande produttività al mq.
4. Sede. Tutte le attività direzionali e centralizzate. 1.000 dipendenti impegnati nelle diverse aree aziendali: Acquisti, Marketing e Comunicazione, Logistica, Assicurazione Qualità, Amministrazione, Risorse Umane. Anche questo ramo potrebbe essere scorporato? È il cespite che contiene il brand Esselunga, un gioiello costruito meticolosamente negli anni e riconosciuto da tutti come la fonte del valore del gruppo intero.
Valore: 1,3 mld di euro (forse va rivalutato per il valore del brand)
Le nostre sono considerazioni giornalistiche e valgono in quanto tali. Probabilmente in passato poteva essere allevata una dirigenza familiare. Forse, anche, si sarebbe potuto sperare in un consorzio italiano per far rimanere italiana un’azienda che conta davvero nella filiera agroalimentare, come la business community sa bene. Ma oggi le condizioni economiche e politiche (e anche familiari) sono diverse dai primi anni ’00 e entrambe queste condizioni non ci sono più. Sarà venduto scorporato agli specialisti? Rimarrà integro?
Vedremo come andrà a finire quando l’ultima parola toccherà, come ha detto Bernardo Caprotti, al notaio Carlo Marchetti e alla busta che aprirà.
Speriamo che l'azienda continui ad essere gestita da mani capaci, caratteristica che non si trasmette in automatico agli eredi, come abbiamo visto in molti casi.
concordo, troppo banale per un personaggio come Caprotti che si è sempre comportato in modo da far pensare "dopo di me il diluvio!". Non è escluso che abbia già pianificato tutto perbenino, escludendo le persone che non ha considerato finora. Dobbiamo sicuramente aspettarci un colpo di scena. Si spera solo che il modello Esselunga, visto che funziona alla grande, non venga messo in discussione da chi prenderà le redini dell'azienda, chiunque sia.
Il più grande problema che si profila sull'orizzonte strategico di Esselunga si chiama successione: deposto lo scettro del comando, il vispanziano Caprotti dovrà sbrogliare la matassa ingarbugliata dei dissidi familiari e capire se la prole prediletta sarà anche in grado di mantenere il timone di un'azienda distributiva che fattura più delle Ferrovie dello Stato, ma è fortemente (e troppo) concentrata su Milano e Lombardia. La fortuna di Caprotti non risiede solo nella capacità di gestire il complesso business distributivo: la sua fortuna sono anche, se non soprattutto, le location -straordinarie – dei suoi superstore.
Retailers che abbiano capacità finanziaria per l'acquisto penso ci siano. Certamente Wal Mart, ma anche il gruppo Ahold per stare nell'ambito di AMS Sourcing, e molto probabilmente gruppi tedeschi quali Edeka,Rewe o Metro. Il mio lavoro esclusivamente in export mi porta ad avere come clienti questi gruppi e conoscerne l'attuazione delle strategie sul campo, e penso che il valore maggiore di Esselunga stia proprio nella sua strategia, nell'avere category e non compratori, conformità prezzo / qualità e assortimento bilanciato. I punti vendita, la logistica e tutto il resto non hanno nessun valore senza il carburante della strategia, mancando questa si ritrasformerebbero in mattoni e cemento. Maurizio Bernardi
Ipotesi troppo banale…non è da Caprotti. La sua decisione ci sorprenderà, ne sono certo.