Festival della Crescita: ascoltare con umiltà
Luglio 2016. Crescita felice o solo crescita? Innovazione o crescita? Volumi o valore? Etica e/o sostenibilità? Individualismo? Ragione o sentimento?
Dopo aver seguito tre edizioni del Festival della Crescita ideato da FutureConceptLab, sponsorizzato da numerose aziende, coinvolgendo intellettuali, sociologi, giornalisti, ricercatori, imprenditori, politici, retailer è utile tirare qualche conclusione.
L’idea creativa e sostenibile
Francesco Morace ci ha messo la faccia e alla fine ha avuto ragione anche a portare il suo Festival in città non milanesi, non avvezze a convegni e relatori di quelli visti, ognuno con una tesi, magari diversa, da illustrare. Alle spalle della crescita, come un’ombra c’è la decrescita, diverse volte richiamata ma contrastata con la forza delle idee, con il sentimento e la professionalità, senza demonizzarla. Obbligando chi ascoltava a capire la globalizzazione ma anche il territorio.
Luigi Lazzareschi, ad di Sofidel, uno degli sponsor ,nell’illustrare la sua adesione e la sua multinazionale (il presidente degli Usa Barack Obama lo ha recentemente ringraziato per gli investimenti fatti nel suo paese, come del resto ha fatto il presidente Matteo Renzi, intervenendo ai festeggiamenti per il 50° di Sofidel) ha spiegato che il suo gruppo è si globale ma con un forte radicamento nel territorio, e infatti l’head quarter del gruppo, che vale 1,9 mld di euro di fatturato, ha sede a Porcari, alle porte di Lucca. Piccolo, dice Lazzareschi, non è poi tanto bello, bisogna coalizzarsi per svilupparsi e quindi c’è bisogno di crescita, grazie alla quale si riducono le diseguaglianze.
Crescita non è un imperativo
Ma di troppo territorio si può anche ammalarsi. Il Paese non cresce? Si chiede Francesco Morace. È perché è Milano-centrico, in senso culturale, certo, ma non solo. La crescita va spalmata su tutto il territorio e soprattutto va ripensata. Crescere, sottolinea Morace, non è un imperativo, ma un verbo infinito. Dobbiamo ragionare sulle soluzioni e non sui problemi ricordandoci che il futuro è la conseguenza di quel che facciamo oggi. E senza molti panegirici Morace dice: dobbiamo passare dall’high-tech allo human touch, mettendo al centro le persone, i loro bisogni, i loro sogni, le loro passioni. E le loro aspettative.
E Morace ricostruisce la piramide dei valori.
Come si vede siamo di fronte a un cambiamento radicale e i comportamenti seguiranno.
A proposito di sostenibilità e di design
Per Alberto Alessi bisogna costruire il senso di appartenenza all’a,biente, al pianeta, che hanno dei confini precisi: non abbiamo a disposizione 1 pianeta e ½, ma solo 1 e dobbiamo salvaguardarlo. Detto da un imprenditore-intellettuale il monito è particolare e addirittura Alessi rilancia: dobbiamo passare dalla crescita senza limiti ai limiti della crescita, anzi, alla crescita nei limiti attivando un modo di consumare più saggio. Non è pura poesia della quale abbiamo un bisogno disperato?
Dobbiamo promuovere scuole di design che insegnino una cultura globale partendo dal territorio. E cita una battuta di Andrea Branzi: Il comunismo è fallito perché era brutto.
Gli fa eco Giulio Ceppi, designer: Il designer non da una risposta a una domanda, ma formula ipotesi da verificare, con umiltà.
Concludiamo questo breve racconto sulle relazioni sentite a tre Festival della Crescita proprio con il termine Umiltà che fa rima con Ascolto. Anzi, Francesco Morace, uniamole: Ascoltare con Umiltà. Per crescere, certamente, tutti insieme.