Finalmente: la GDO vuole essere di indirizzo per lo sviluppo sostenibile del Paese

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Gennaio 2020. Finalmente la GDO e l’Associazione della distribuzione moderna passano il Rubicone: il manifesto con Ambrosetti dice: “ADM esprime la volontà di essere di indirizzo per lo sviluppo sostenibile del Paese”. Non è una cosa di poco conto e c’è voluta tutta la pazienza di Valerio De Molli, Ceo di Ambrosetti, per far fare il salto di qualità a imprese che dormivano della grossa parlando di sostenibilità economica e sociale e ambientale, confondendo le charity con la CSR (e purtroppo i bilanci di CSR della GDO si contano sulle dita di un dito).

Il maggior dinamismo nel campo della sostenibilità si evidenzia proprio nei prodotti a Marca del Distributore (le MDD), un settore che vale 10,8 miliardi di fatturato nel 2019 e il cui sviluppo negli ultimi 16 anni spiega l’80% della crescita realizzata nello stesso periodo dall’intera industria alimentare, grande e piccola, nel mercato domestico.

Una sostenibilità che si evidenzia non solo nei prodotti, ma soprattutto nella filiera alimentata dai prodotti della MDD: l’analisi dei bilanci economici del campione rappresentativo delle aziende fornitrici della MDD negli ultimi 6 anni dimostra che queste ultime hanno performance economiche, occupazionali e reddituali migliori delle altre aziende del settore alimentare. Una performance che aumenta al crescere della quota di fatturato generato con la Marca del Distributore, a dimostrazione di quanto la MDD sia in grado di dare un impulso positivo a tutto l’indotto che coinvolge.

A dimostrazione dell’ampiezza e dell’intensità con la quale vengono perseguiti gli obiettivi di sostenibilità in relazione alla MDD, quest’ultima risulta dallo studio di The European House – Ambrosetti uno dei pochi settori che impattano, direttamente o indirettamente, su tutti i 17 Sustainable Development Goal (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

La definizione, oltre le parole, l’impegno

Ma cos’è sostenibilità per la GDO attraverso la MDD? ADM ha individuato una propria definizione, condivisa con The European House – Ambrosetti: esprime la volontà di essere di indirizzo per lo sviluppo sostenibile del Paese, di avere rapporti costruttivi con i fornitori per metterli nella condizione di fare investimenti in logica di sostenibilità, con la finalità di divenire essi stessi più sostenibili e di offrire prodotti coerenti con le nuove esigenze dei consumatori, generando in questo modo una filiera responsabile e attivando un circolo virtuoso da cui tutti, imprese, cittadini e società, traggano beneficio.

De Molli sa bene che il lavoro da fare è tanto, non solo nella GDO, ma in tutti i settori. Infatti 1 azienda su 2 non è affatto sostenibili. E il 60% delle aziende quotate in borsa non prevede meccanismi di collegamento di retribuzione dei manager agli obiettivi di sostenibilità.

1˚Messaggio chiave

Ci sono 4 motivi, oltre alle priorità politico-istituzionali, che rendono prioritario per ogni leader d’impresa occuparsi di sostenibilità:

  1. È un grande trend per i cittadini e i consumatori
  2. Aumenta il senso del dovere e di responsabilità sociale di ogni impresa, anche a livello di governance
  3. È un fattore competitivo per le aziende e fa «bene» al conto economico
  4. L’attenzione dei mercati finanziari è in crescita

2° Messaggio chiave

Nel Paese manca una definizione chiara ed univoca di sostenibilità

Occorre evitare la sovrapposizione del concetto di Sviluppo Sostenibile con l’attenzione all’ambiente: una definizione di sistema della sostenibilità deve considerare in modo integrato gli aspetti economici, sociali e ambientali.

È stata introdotta una nuova definizione per le imprese produttrici di MDD: anziché Copacker MDD Partner. Non è un gioco di parole,RetailWatch lo sottoscrive volentieri.

3° Messaggio chiave

La sostenibilità è riconosciuta come una priorità a livello di governance, dai Gruppi della Distribuzione Moderna e dalle aziende MDD partner, soprattutto da quelle che hanno rapporti più solidi con la Distribuzione.

È evidente la leadership della GDO nell’orientare le aziende MDD partner.

Gli obiettivi più ricorrenti sono:

▪Riduzione della plastica negli imballaggi

▪Impiego di energie da fonti rinnovabili

▪Utilizzo di produzioni fair trade

Dottor De Molli, sul terzo messaggio chiave deve lasciarci fare un inciso; quando il suo rapporto dice che il 60% dei gruppi della GDO ha definito gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Le aziende della GDO non hanno ancora un bilancio di sostenibilità o non è completo in tutte le sue parti (economica, sociale e ambientale) o per lo meno non lo rendono palese e lo inviano alle redazioni dei giornali, tranne Coop e Lidl e Esselunga (per Aldi, ancora per poco, è ancora a livello corporate internazionale). Molte aziende si fermano alla sostenibilità sociale o poco più.

4° Messaggio chiave

La Marca del Distributore e la Distribuzione Moderna creano lavoro nel tempo e attivano una quota significativa di occupazione lungo la filiera: con 410.000 occupati diretti, la Distribuzione Moderna (alimentare) si conferma 4˚ settore economico su 245 per crescita occupazionale in Italia e 3˚settore per contributo all’occupazione nel Mezzogiorno,con un rilevante peso di occupati giovani (+75% vs. media Italia), donne (+29% vs. media Italia) e con contratti a tempo indeterminato (+41% vs. media Italia).

5° messaggio chiave

La Marca del Distributore e la Distribuzione Moderna dimostrano una crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale: le eccedenze alimentari recuperate dalla Distribuzione sono aumentate di 6 volte negli ultimi 7 anni e un supermercato medio in Italia ha ridotto i consumi elettrici del 30%dal 2005 al 2018.

6° messaggio chiave

La Marca del Distributore interpreta le crescenti richieste del consumatore di prodotti altamente sostenibili, funzionali e a prezzi contenuti.

E Valerio De Molli fa bene a concludere così: «Il nostro futuro dipende molto più di quanto voi crediate dal perimetro di questi scaffali».

 

1 commento

  1. Partner è una bella definizuione , ma bisogna riempirla di contenuti e questo raramente è formalizzato.
    Non ho dubbi sul ruolo d’indirizzo che la MDD può fare verso il rispetto dei vincoli di sostenibilità nel largo consumo e negli stili di vita dei cittadini , ma perchè un caso semplice come il Fair Trade è ancora più che marginale?!

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