GFK: la ricerca qualitativa è morta?
Gennaio 2016. Le indagini qualitative sono, con l’arrivo di internet e degli analytics conseguenti, sotto processo. Servono ancora o no? Si possono fare in altro modo e se si, come?
GFK con Eurisko è stata nei decenni scorsi campione di nelle qualitative e dopo averci pensato a fondo ha invitato i suoi clienti ad una presentazione. La conclusione è stata: le ricerche qualitative vecchia maniera sono defunte, è vero. Ma si possono fare in un modo congruente alle nuove realtà e al cambiamento in atto, internet in testa e ha spiegato come.
Bisogne saper cogliere e riattualizzare l’esperienza del consumatore, dice Isabella Cecchini, ricercatrice di lungo corso:
. la ricerca deve essere il luogo dell’esperienza, del fare, non del pensare,
. bisogna analizzare in profondità i bisogni,
. generare idee e servizi con workshop, sessioni con esperti-trend setter, testare e verificare sul campo con nuove strumentazioni come emo scan, voice recognition, eye tracking,
. il digital ci costringe a trasformare la ricerca real world attraverso social network, applicazioni mobile, net ethnografy.
I ricercatori hanno mostrato diverse soluzioni e case history. Interessante quella di un brand di caffè che ha seguito i consigli di GFK allungando la ricerca qualitativa dallo scaffale della gdo allo scaffale delle GSS di elettronica per vedere certamente le macchine per fare caffè ma anche quello che ruota attorno a questo reparto. Alla ricerca dei needs veri, appunto.
Con MartDiscovery gerarichizza i bisogni e li esplode nella gap anaysis. Emoscan scansisce i movimenti del volto durante la ricerca, face to face.
GFK si è poi dotata di una web community che è in grado di interrogare su svariati temi allungando risultati e stringendo tempi di realizzazione della ricerca stessa.
Alla fine la domanda è: la ricerca qualitativa è morta? No, si è evoluta. Il problema, per onestà intellettuale è un altro: quanto costa in più rispetto alla versione defunta?