Già dimenticata la crisi dell’olio?

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Già dimenticata la crisi dell’olio?
 
Gennaio 2015. La crisi dell’extravergine del novembre 2015 è stata un banco di prova anche per la GDO. Sotto la lente d’ingrandimento del consumatore, infatti, sono finite non solo le aziende produttrici degli olii confutati dal panel degustativo ma, di riflesso, tutta la filiera dell’olio, distributori compresi.
Senza voler entrare nel merito del problema “extravergine”, su cui molto si è parlato e molto si parlerà ancora, volevamo fare qualche considerazione sul “silenzio assordante” di gran parte della distribuzione moderna di fronte ad un attentato alla credibilità della distribuzione stessa.
Abbiamo riscontrato e ancora riscontriamo una preoccupante mancanza di comunicazione tra insegna e cliente, circa la bontà dell’offerta nella categoria. Un silenzio, oseremmo dire, quasi colpevole che stona con l’overload informativo a cui tutte le insegne ci hanno abituato negli anni sulla qualità degli assortimenti e dei prodotti a marchio.
Eppure gli strumenti non mancano: dai volantini ai social, dai media alla comunicazione in store: sono mille i modi per sostenere una battaglia che, a quanto pare, ha aperto una ferita molto profonda anche in chi fa del rapporto di fiducia con i clienti la propria mission aziendale.
 
Il silenzio
Sabato 14 novembre, a distanza di 5 giorni dalla pubblicazione delle notizie sulla possibile truffa del falso extravergine, nei punti vendita delle maggiori insegne del nostro paese non vi era nessuna risposta ai tanti interrogativi dei clienti spaventati dall’ennesimo, plausibile, scandalo alimentare. Possiamo documentare scaffali assolutamente muti, devastati nel display da consumatori in cerca di qualche informazione in più sui dieci centimetri dell’etichetta, tra immagini a puro scopo illustrativo ed informazioni nutrizionali dal font microscopico, quando sarebbe stato il caso di scendere in campo con tutte le armi a disposizione per difendere i propri prodotti, il proprio marchio, la propria identità. Si è preferito il silenzio e la via più facile dell’oblio, con tutto il carico di danni collaterali che esso comporta. Nel paese dell’eccellenza culinaria, del mangiar bene e della dieta mediterranea, a distanza di qualche giorno dalla fine dell’Expo di Milano, ci si nasconde dietro a un dito.
Per amore di verità qualcuno ha battuto un colpo, anche in maniera tempestiva e intelligente. È il caso di Coop che, a poche ore di distanza dalle notizie dell’inchiesta di Torino, pubblicava sulla pagina social un’immagine dell’olio di MDD con didascalia eloquente ed efficace. Tre i messaggi chiave: selezione dei fornitori, controllo sulla filiera, tracciabilità e trasparenza. Niente di nuovo per Coop, ma rileggere certe cose non è mai ridondante. O il caso di MD Discount che, nel volantino più importante dell’anno, propone in prima pagina non il classico pandoro e spumante ma il suo olio extravergine a marchio, prendendosi l’onere e la grande responsabilità di dire che “sicuramente è olio extravergine di oliva”.
 
E tutti i discorsi di filiera?
Dietro ogni crisi, grande o piccola che sia, si nasconde un’opportunità. E in questo caso sono tanti, troppi, coloro che hanno perso l’occasione di rafforzare il proprio legame con il cliente tramite il dialogo e la trasparenza sui prodotti e sui valori. Le ragioni sono, probabilmente, da ricercarsi nella debolezza del presidio della filiera che mette a nudo, scandalo dopo scandalo, i limiti del sistema distributivo italiano e fa intravedere, sull’altra faccia della medaglia, gli ampi spazi di crescita che le insegne devono aggredire per conquistare la fiducia di un cliente sempre più consapevole.
 

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