HACCP: cosa sostiene la sicurezza alimentare

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HACCP: cosa sostiene la sicurezza alimentare
 
Settembre 2014. L’Hazard Analysis and Critical Control Points è un insieme di procedure che organizzano la prevenzione contro i pericoli di contaminazione alimentare e che si pongono a garanzia della qualità del cibo che si acquista nei supermercati.

 L’esistenza del protocollo può essere resa indispensabile dalle normative, ma è il suo rigoroso rispetto che differenzia in positivo capacità gestionali e reale affidabilità dei distributori.

Il sistema HACCP si basa sul monitoraggio delle varie fasi per le quali passa la lavorazione degli alimenti prima che essi vengano posti in vendita, su un controllo molto accurato in grado di prospettare eventuali pericoli di natura biologica, chimica o fisica.

Viene misurato ogni potenziale squilibrio nel percorso che, attraverso la filiera, porta un articolo commestibile dall’ambito produttivo (realizzazione, stoccaggio, trasporto) a quello distributivo (conservazione, vendita al dettaglio) antecedente la deposizione nel carrello della spesa da parte del consumatore.

Il  meccanismo ruota sui criteri della “prevenzione”, della “scientificità”, della sistematicità dell’azione di controllo. Esso individua i pericoli, li analizza e dispone delle regolazioni.

L’origine deriva dalla perspicacia della NASA che, già negli anni ’60 del secolo scorso, aveva ideato qualcosa di analogo per evitare che gli alimenti forniti agli astronauti potessero mettere a repentaglio la loro salute e l’efficacia delle missioni spaziali.

Il passaggio dagli Stati Uniti d’America all’Europa, l’internazionalizzazione della metodologia, ha avuto luogo negli anni ’90 per mezzo della Direttiva 49/93/CEE, che ha imposto un obbligo di applicazione a tutti gli operatori europei del settore alimentare. Essa è stata poi perfezionata e sostituita dal REG. CE 852/2004, in vigore dal 01/01/2006.

In relazione al commercio degli alimenti, il campo di applicazione è vasto, indicativo dell’importanza assunta dal sistema di autocontrollo: riguarda la produzione, la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o fornitura, la somministrazione al consumatore.
 
Ecco, nel dettaglio, i sette principi di riferimento:

  1. INDIVIDUAZIONE E ANALISI DEI PERICOLI
Ogni potenziale pericolo, associato alla produzione di un alimento in tutte le sue fasi dalla coltura/allevamento sino al consumo deve essere identificato e controllato, valutandone le probabilità che si concretizzi effettivamente a discapito della salute del consumatore;
 
  1. INDIVIDUAZIONE DEI PUNTI CRITICI DI CONTROLLO
Consiste nel ravvisare qualsiasi punto, fase o procedura in cui poter attuare un controllo finalizzato a eliminare, prevenire o ridurre entro limiti accettabili un pericolo;
 
  1. DEFINIZIONE DEI LIMITI CRITICI
Occorre stabilire dei limiti precisi da tenere sotto osservazione, tracciare una sorta di confine che separa l’accettabilità dall’inaccettabilità, a sua volta desumibile dalle disposizioni di legge e dalle buone pratiche di lavorazione aziendale, sintetizzabile poi in appositi indicatori numerici da rilevare con strumentazione ed in parametri qualitativi di immediata evidenza;
 
  1. DEFINIZIONE DELLE PROCEDURE DI MONITORAGGIO
Occorre attuare una serie mirata di osservazioni e misurazioni per assicurare che siano mantenuti entro certi limiti i vari punti critici di controllo. Generalmente il monitoraggio verte sulla qualità dei fornitori, sulla conservazione dei prodotti, sulla registrazione delle temperature di conservazione, sul controllo e la predisposizione di procedure di lavorazione definite in tempi e modi, sul controllo e la predisposizione delle condizioni igieniche. Devono essere ben identificabili gli operatori incaricati del monitoraggio e della verifica, il momento in cui vengono eseguite le misurazioni e le osservazioni, le modalità con cui avvengono il monitoraggio e la valutazione dei risultati.
In parole povere, deve essere risultare con estrema chiarezza, nero su bianco per mezzo di tracciabilità documentale: “CHI, QUANDO e COME”;
 
  1. DEFINIZIONE E PIANIFICAZIONE DELLE AZIONI CORRETTIVE
Occorre dare tempestiva attuazione delle azioni correttive, che in genere passano per l’immediata correzione della causa di scostamento dal limite critico, dalla verifica che il punto critico di controllo sia rientrato nei parametri previsti, dall’attivazione delle procedure contemplate per trattare gli alimenti usciti dai limiti di controllo, dalla registrazione dell’accaduto, dall’eventuale individuazione di misure preventive più efficienti;
 
  1. DEFINIZIONE DELLE PROCEDURE DI VERIFICA
Occorre stabilire procedure che verifichino, attraverso prove supplementari, l’adeguatezza e lo stato di efficacia del sistema HACCP rispetto alle situazioni concrete. La frequenza di questo tipo di controlli deve essere specificata nel piano di autocontrollo e può essere influenzata dalle dimensioni dell’azienda, dai volumi gestiti e dal numero di non conformità rilevate. Tra le caratteristiche del sistema HACCP vi è una natura dinamica che implica possibili cambiamenti e integrazioni.
 
  1. DEFINIZIONE DELLE PROCEDURE DI REGISTRAZIONE
Occorre predisporre la cura di documenti e registrazioni al fine di poter dimostrare in qualsiasi momento l’applicazione effettiva delle misure preventive su cui è basato il sistema HACCP. E’ infatti sulla documentazione disponibile, controfirmata dal responsabile del piano di autocontrollo, che ufficialmente si basa il controllo istituzionale degli organi ispettivi.

Autocontrollo e sistema HACCP cooperano, ma concettualmente non sono da considerarsi come sinonimi.

L’autocontrollo ha una valenza più ampia, discende dalla responsabilizzazione di chi opera nel settore dell’igiene e della sicurezza alimentare, coinvolge necessariamente ogni livello della filiera alimentare.

Il sistema HACCP è lo strumento che consente all’autocontrollo di essere applicato in maniera razionale ed organizzata.

E’ dall’applicazione fedele e sistematica dell’HACCP che, chi vende al consumatore offre non solo il prodotto, ma anche e soprattutto la certezza che esso risponda in modo impeccabile a quei requisiti di qualità che lo rendono sicuro al consumo e realmente appetibile in termini commerciali.

Un piano aziendale di autocontrollo è necessario che sia semplice (limitato all’essenziale e compatibile con le dimensioni dell’azienda), specifico (finalizzato ai singoli processi), dinamico (di volta in volta modificabile e integrabile), completo e dimostrabile (con descrizione e documentazione del processo e delle misure correttive).

La realizzazione del piano di autocontrollo ovviamente esige applicazione regolare, organizzazione determinata e sistematica diretta in tal senso: probabilmente tra le cose più complicate da mantenere con precisione nel vorticoso ambiente di un negozio alimentare medio grande.

Ciononostante passano inevitabilmente da qui sicurezza alimentare, certezza del mantenimento qualitativo, fiducia dei consumatori, conseguente prosperità dell’insegna che distribuisce.
 

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