I tempi dell’Art. 62 sono sbagliati. Lo scenario dei consumi pure

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I tempi dell’Art. 62 sono sbagliati. Lo scenario dei consumi pure

Giugno 2012. Se lo scenario economico-finanziario internazionale fosse quello del 2006 e quello dei consumi interni idem, probabilmente l’Art. 62 passerebbe con meno contraccolpi e qualche aggiustatina, soprattutto nella Gda. Ma i due scenari sono terribilmente negativi: la speculazione finanziaria e dei fondi pensione Usa fa andare sull’altalena le borse e lo spread, la congiuntura dei consumi è rovinosa con segni meno da capogiro, cosicchè le imprese della grande distribuzione associata devono sommare:
– un deprezzamento degli immobili nei bilanci,
– un costo della liquidità in aumento (e le banche a volte neppure la concedono),
– una riduzione dei consumi e soprattutto un comportamento di acquisto mutato e ancora da inquadrare,
– aggiungiamoci (il parere è ovviamente personale) che ognuno va per la sua strada (Confcommercio, Federdistribuzione, Confimprese, Ancc, Ancd) e il quadro è quasi completo.

Le conseguenze dell’ordine sparso
Il quadro appare destabilizzato e destabilizzante. La storia insegna che nei grandi momenti di passaggio (e questo sicuramente lo è) bisogna fare sistema e rinserrare le fila. Niente da fare: Centromarca e Federalimentare da una parte, la Gda (con le sigle sopra, divisa) dall’altra. Al consumatore ovviamente questo non interessa, ammesso che gli arrivino gli echi diretti della vicenda.
Gli arriveranno però gli echi indiretti fatti di:
– aumento dei prezzi finali di gran parte del fresco lavorato e dello scatolame, aumento delle promozioni anarchiche.

C’è un altro scenario che va sottolineato:
– soprattutto le grandi multinazionali sembrano aver rotto il rapporto preferenziale che le legava alla Gda e sembra stiano cercando altri canali di vendita (on line, distribuzione automatica, ristorazione, commercio ambulante, negozi diretti)  per far quadrare vendite e bilanci. A parere di RetailWatch i punti di vendita diretti o in franchising dell’industria (al dettaglio, di ristorazione) diverranno nei prossimi anni una realtà emergente e produrranno ancor più confusività nel mercato, almeno nei primi anni, con prezzi e promozioni complementari e antagoniste di quelli della Gda.

La Gda non è pronta per affrontare questo quadro. Forse lo è Esselunga, (almeno sul formato ma non sulla compagine azionaria, come scrivono i maggiori quotidiani), tutte le altre hanno diversi problemi per:
– riconversione degli ipermercati nel non food, riconversione delle gallerie commerciali dei centri commerciali che cominciano ad avere troppi spazi vuoti,
– poco vicinato di servizio (e quando c’è, molte volte l’offerta è distonica rispetto alle attese di target che diventano sempre più anziani),
– supermercati di attrazione che sono la fotocopia brutta dei supermercati di quartiere.

Un ritardo culturale
E poi c’è un ritardo culturale di uno scenario dei consumi che ancora non è delineato ed è tutto da inventare, di conseguenza l’offerta di molta industria e di gran parte della Gda non è adeguata ai nuovi orientamenti di acquisto e di consumo. Le società di consulenza hanno dimostrato parecchie defaillances anche questa volta: sembra quasi di essere tornati al 1992 (ma stavolta il fenomeno è moltiplicato per .000) quando si affacciò nel quartiere di Santa Lucia a Verona il primo hard discount, Lidl. Tutti ne parlavano ma pochissimi avevano studiato la formula sul campo, in Germania.

Per conservare le vendite (e forse aumentarle), bisognerebbe che tutti abbandonassero propositi bellicosi e, senza avvantaggiarsi della situazione per questioni di bottega, provassero a capire davvero lo scenario complessivo dei consumi, riscrivendo i rapporti industria e distribuzione e una nuova contrattualistica su basi realistiche, di sistema, non di bottega, piccola o grande che sia.

Il decreto attuativo dell’Art. 62
E veniamo all’Art. 62. Come anticipato da varie fonti, la bozza del decreto attuativo è divisa in tre parti:
1. La prima stabilisce le indicazioni, i prerequisiti e le forme di tutela da osservare nei nuovi contratti di fornitura da redigere in forma scritta.
2. Un elenco di prescrizioni per evitare condizioni gravose eccessive, incoerenti al contratto.
3. I pagamenti a 30 e 60 giorni, con tempi di calcolo a partire dall’ultimo giorno del mese di fatturazione. Se il giorno di ricevimento della fattura è incerto la bozza del decreto attuativo, dice chi l’ha studiata,  spiega che si dovrà fare riferimento al giorno di consegna della merce.

Sicuri di proseguire in ordine sparso, senza soluzioni ad hoc di autoregolamentazione?
 

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