In Italia, nel tempo, molti imprenditori hanno provato a far attecchire il modello delle caffetterie americane con risultati spesso negativi. Analizziamo il caso di 12 Oz.
Visitando il sito di 12 Oz (www.12ozcj.com) si riscontra un’offerta molto simile a quella presentata da varie catene di caffetterie in stile americano che, negli anni, non sono riuscite a garantire un modello di business pienamente funzionante nel Bel Paese.
È del 24/01/2024, ad esempio, l’articolo di Torino News che cita la difficile situazione finanziaria della catena Busters Coffee.
Busters, come abbiamo detto, non è comunque l’unica a scimmiottare catene d’oltremare come Starbucks, Caffé Nero o Costa Coffee. Nel tempo, infatti, sono stati diversi gli imprenditori che hanno tentato (senza o con scarso successo) di importare tale modello in Italia.
Tra le altre cose, questo tipo di caffetterie offrono caffé americano caldo, freddo, arricchito con panna (o altri dressing), smoothies e succhi di vario genere, oltre a donuts, muffin, bagels, fette di torte con ricette “a stelle e strisce” etc.
Cosa non funziona nel modello di queste catene?
Non dobbiamo dimenticarci che Howard Schultz, prima di acquisire le famose caffetterie Starbucks, aveva fondato la catena di caffetterie “Il Giornale” in America.
Schultz era affascinato da come gli italiani passassero il tempo all’interno dei bar e, dunque, decise di fondare una catena (le odierne caffetterie Starbucks) dove le persone potessero sentirsi in Italia e sorseggiare un caffé comodamente seduti, magari lavorando al computer o scambiando due chiacchiere.
Starbucks, quindi, non nasce concettualmente in America ma in Italia e, di conseguenza, nell’importarne il modello nel nostro Paese, dobbiamo tenere a mente che si tratta di un qualcosa che negli USA degli anni “80 era innovativo ma che da noi, di fatto, era già presente sotto un’altra forma.
A differenza degli Stati Uniti dell’epoca, infatti, in Italia la concorrenza dei bar che offrono colazioni ad un prezzo da sempre competitivo è spietata e c’è sempre stata così come la disponibilità di pasticceria di alto livello a costi contenuti.
Inoltre, Schultz modificò l’offerta dei bar italiani inserendo prodotti (caffé americano molto lungo o arricchito da dressing/panna, donuts, muffin, torte americane etc.) che in Italia, al contrario degli USA, non costituiscono per molti consumatori la tipica colazione. In sostanza, sviluppare vendite giornaliere e consistenti di questi prodotti, nel nostro Paese, non è certamente facile.
Un analisi del bilancio di 12 Oz Coffee Joint Srl
12 Oz, nel 2023, sviluppa ricavi per 8.79 milioni di euro circa, in crescita orientativamente del 20% sull’anno precedente.
Il margine sui consumi, calcolato con la formula vendite-(acquisti + variazione rimanenze) è pari a 6.23 milioni di euro circa ed incide per il 70.9% sui ricavi.
Il totale dei costi del personale incide il 38.2% sui ricavi mentre la perdita di esercizio si attesta su 1.66 milioni di euro circa, in peggioramento rispetto agli 1.5 milioni del 2022.
Altre due voci importanti, in termini di incidenza sui ricavi, sono le spese per servizi (20.9%) e per il godimento di beni terzi (25.5%), oltre agli ammortamenti e svalutazioni (12.26%).
In sostanza, si tratta di un business con i tipici tratti della ristorazione (margine sui consumi elevato e costi del personale estremamente rilevanti) che però produce perdite perché la massa di margine non copre i costi.
Quali prospettive?
È necessario inquadrare il fenomeno delle caffetterie americane nella più ampia categoria dei ristoranti in catena.
In USA, infatti, il cliente medio è solito fidarsi di più delle grandi catene, piuttosto che dei ristoranti a conduzione familiare (o, comunque, con una singola sede) perché reputa la catena più affidabile in termini di processi e standard qualitativi. In America, tutto è o diventa catena. Pensiamo a McDonald’s, Olive Garden, Jamba Juice, Dunkin’ Donuts, Chili’s etc.
Questo processo, in alcuni casi, sta avvenendo ed è avvenuto anche in Italia dove catene come RoadHouse Grill, Old Wild West, Calavera, Venchi (per le gelaterie/cioccolaterie), Alice Pizza di fatto si esercitano in un particolare modello di ristorazione e lo replicano costantemente.
È probabile che ci sia ancora spazio per creare una catena di caffetterie per il mercato italiano con buoni risultati (sul modello, ad esempio, della francese Boulangeries Paul), da esportare magari anche all’estero, ma l’offerta va tarata sui consumi nostrani in modo da sviluppare modelli di business che garantiscano il ritorno degli investimenti. “Panella”, ad esempio, è un caso di catena italiana che si sta inserendo sempre più in tale segmento.