Il nostro cinema è vivo, ecco il Monuments italiano

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Il nostro cinema è vivo, ecco il Monuments italiano

Febbraio 2014. “Si può spazzare via un’intera generazione, è possibile bruciare le loro case, e in qualche modo si può ancora trovare la via del ritorno. Ma se si distrugge la loro storia, si distruggono i loro successi ed è come se non fossero mai esistiti.”
 
A Jacopo
 
Oggi leggerete una recensione sui generis. Vorrei scrivere il meno possibile di Monuments Men (2014) per scrivere di quello che invece avrebbe potuto essere questo film. Dell’occasione che ha perso. E insieme vorrei fare un discorso sulla ‘fuga di cervelli’. Definizione che rifiuto dal più profondo del mio cuore, almeno in ambito cinematografico.
 
Più di un anno fa un amico sceneggiatore si presenta a casa mia con in mano un soggetto. Ci aveva lavorato per più di due anni. Lo leggo tutto d’un soffio e alla fine ho le lacrime agli occhi. È, probabilmente, quanto di più bello io abbia mai letto.

Si tratta di Monuments Men. Quello vero.

Lo aveva già pensato e scritto prima di questa versione americanissima e soprattutto prima dell’ultimo ritrovato, quasi un anno fa, di una gran mole di altre opere d’arte sequestrate dai nazisti.

Cosa davvero non mando giù del film di George Clooney è la retorica.

Hanno salvato, ancora una volta, la cultura mondiale del da soli contro tutti. Dai tedeschi e dai russi. Perché dai russi poi? Descritti come infami deturpatori d’arte. Come se non dovessimo anche a loro e al sacrificio di dieci milioni e quattrocentomila loro soldati, se oggi ci possiamo dire orgogliosamente democrazie. Tutte le opere, tra l’altro, le recuperano tra Francia e Germania con il solo aiuto di francesi e inglesi. Sarà per questo che la National Gallery e il Louvre sono composti per la stragrande maggioranza da opere italiane? Mi perdonerete lo spiccio campanilismo, ma è solo l’inizio.

Jacopo, così si chiama il mio amico, ha passato due anni a studiare approfonditamente la storia dell’arte contenuta nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
È qui che ambienta tutta la vicenda: nella culla indiscussa della cultura moderna europea (no, né Parigi, né Londra).
E l’eroe è partigiano e solo collabora con le forze alleate. Ci siamo già dimenticati di ben altri film come Miracolo a Sant’Anna (2008) di Spike Lee, dove veniva fedelmente riportato che gli avamposti di liberazione americani erano conquistati col sudore di fronti nere?

In principio ho citato, non a sproposito, una frase estratta dal film. Questo aforisma è già di per sé un ottimo motivo per non scaricare il film di Clooney nel cesso. È una grande verità. Ma è intrinsecamente una contraddizione in termini, poichè il film dimostra che la storia la scrivono i vincitori. E la riscrivono davvero maluccio e con finta disattenzione.
Attenzione però, e arrivo alla nota lieta, non è per smontare Monuments Men che ho scritto questo articolo.
Rimane un film godibile, una commediuola di respiro con un cast d’eccezione.
Quella che però vorrei andaste a vedere al cinema, come vi dicevo, è un’occasione persa.
Chi fa cinema decide di raccontare storie. Non è una disciplina come quella di avvocati o medici, che si può praticare ovunque. Il cinema è un linguaggio e a chi parla questo linguaggio spetta il compito di scegliere quali storie raccontare e a chi. Jacopo ha scelto di raccontare una storia italiana agli italiani. È una storia sincera e, davvero, ben scritta. Sono storie per le quali vale la pena di essere e sentirsi italiani.
Sono storie per le quali sono orgoglioso di non essere andato all’estero a studiare cinema. Il nostro cinema esiste, anche se alla stragrande maggioranza di voi non appare. Vive e vegeta sotto le grandi produzioni, sotto ai cinepanettoni, serpeggia nelle biblioteche e vive di grandi idee, nei cuori delle persone. Ci vorrà pazienza, ma arriverà presto anche il nostro turno. Intanto andate a vedere Clooney, che almeno non è i Vanzina.
 
Concludo con una citazione di risposta a quella di apertura. È di Antonio Gramsci ed è un grande monito ai narratori. Italiani e non, ma tutti comunque scolari della storia.
 
“L’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari.”
 
P.S.: Clooney stesso concluderebbe dicendo Good night Italia, and good luck! Ci sono giovani, Jacopo da qualche parte, che aspettano soltanto di renderti giustizia.

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