A tutta evidenza, insieme ad esempio alla gestione degli assortimenti, il volantino costituisce una delle architravi dei rapporti tra industria e GDO: la sua cadenza di uscita determina di fatto il bioritmo di questa o quella insegna e sulle sue note danzano tutti gli attori, dai fornitori, alle funzioni acquisti, al marketing oltre ovviamente ai punti vendita. E poco importa se nell’aria risuonano contemporaneamente più musiche, con l’effetto di creare per il consumatore in ascolto un effetto fastidiosamente cacofonico. Come rendersene conto? E’ sufficiente dare un’occhiata alle nostre cassette postali dove, quasi ogni giorno, numerosi volantini fagocitano lo spazio che sarebbe riservato alla posta personale (per fortuna in diminuzione in termini di volumi, verrebbe da dire).
Uno schema del passato
Da anni questo strumento, il volantino, è anche additato come emblema dello sclerotico attaccamento della GDO, ma anche dell’industria, a schemi del passato, in un continuo copia e incolla di operazioni 3×2, tutto a 1 euro, sconti 30, 40 o 50%, sottocosto e via dicendo, che assorbe quote importanti dei budget della comunicazione, con incidenze ben superiori alle risorse destinate ad altre attività di loyalty o di advertising più istituzionale o sui cosiddetti new media.
Ma è anche vero che pur essendo uno strumento di promozionalità di massa- di fatto in antitesi con le tante ricerche che indicano la necessità di demassificare sempre di più la comunicazione per aprirsi a un dialogo uno a uno col singolo cliente per una personalizzazione delle promozioni- il volantino rappresenta anche un media dalle potenzialità ancora inespresse.
Sgombriamo però subito il campo da un equivoco di fondo. Non sarebbe corretto pensare che si tratti di uno strumento tipicamente push- anche se è evidente che pensando alle attuali modalità di distribuzione porta a porta non si può non inorridire per come questo tipo di messaggio viene portato alla nostra attenzione- perché ogni giorno vengono volontariamente sfogliati o scaricati on line migliaia di volantini (sarebbe interessante aggregare questi dati per eseguire un’analisi di sistema) il che dimostra come la sua fruizione possa essere anche di tipo pull.
Ciò detto, in Italia vengono settimanalmente stampati e diffusi milioni di volantini che hanno di fatto tirature ben superiori rispetto a quelle dei più importanti settimanali o periodici (il più diffuso settimanale italiano, Sorrisi e Canzoni TV si attesta poco sotto il milione di copie).
Volantini vs periodici
Si tratta di due strumenti diversi, verrebbe giustamente da dire. Ma diversi in cosa? Nei contenuti, certo. A fronte di articoli di giornalismo, corredati da ampie pagine pubblicitarie, nel volantino si trovano solo offerte, promozioni, sconti et similia. A loro modo sono anch’essi contenuti, ampiamente ricercati dalle persone, basti dare un’occhiata ai sempre più numerosi portali in cui vengono confrontate e paragonate le offerte (in volantino) delle diverse insegne, o anche alle ricerche che attestano come il volantino sia un importante strumento di pianificazione della spesa, per l’ottimizzazione dei budget di spesa (e sfuggire, questo è l’auspicio del consumatore, alle maglie degli acquisti d’impulso tessute all’interno dei negozi). Quindi forse contenuti figli di un dio minore (il dio Commercio?) ma talvolta più interessanti dell’ultima dieta inventata dai guru di Los Angeles per le star hollywoodiane.
Mettete il QR Code?
Ciò non vuole dire che gli attuali volantini non possano essere migliorati per arricchire il contenuto dando valore alla proposta commerciale, che certo resterà mass market e indistinta- ma per la formulazione di offerte personalizzate non si potrà prescindere dal web e dalle nuove frontiere del mobile, dato che i vecchi strumenti cartacei su questo fronte risultano sì davvero vecchi- grazie all’integrazione con le nuove tecnologie (pensiamo ad esempio all’inserimento di Qr code sul volantino con ricette dei clienti o il giudizio sul prodotto in promozione, oppure con link ai video per mostrare la filiera produttiva di una private label) o, solo per citare altri esempi, l’inserimento di info nutrizionali per intolleranze alimentari o guide su come leggere le etichette. Esperimenti in tal senso ve ne sono stati, ma si è trattato di timidi accenni, non di scelte strategiche.
L’evoluzione in tal senso del volantino- da non confondersi con l’esperienza di magazine realizzati da alcune insegne, il cui ruolo spesso, al di là di contribuire alla brand reputation, si stenta a comprendere- e che avrebbe l’obiettivo di arricchirne il contenuto di utilità per il lettore-consumatore potrebbe avere il non secondario effetto di ridurre quell’effetto di rigetto che il sopra citato affollamento nelle cassette postali rende oramai quasi istintivo.
Leclerc l’ha smaterializzato
Anche l’ambiziosa operazione di ELelcerc in Francia “Zero prospectus” non si pone certo l’obiettivo di eliminare il volantino, ma più prosaicamente di smaterializzarlo, per risparmiare sui costi di stampa, logistica e di distribuzione, oltre che peri ridurre l’impatto ambientale coerentemente con la mission dell’insegna francese.
In conclusione, dato che perlomeno nei prossimi anni non si potrà prescindere da questo vecchio “arnese” chiamato volantino, lo sforzo che dovrebbe fare la GDO, e insieme ad essa l’industria (che dovrebbero in qualche modo contribuire ai maggiori costi che certamente l’evoluzione del media comporterebbe) sarà quello di pensare a investire nel volantino parte del patrimonio di credibilità e competenza di cui ciascun retailer è spesso inconsapevole custode.
Credo che il volantino sia uno stumento quasi intramontabile: purtroppo non esistono ancora metodi maggiormente misurabili e con effetti diretti. Ritengo passeranno moltissimi anni prima di vedere scomparire i volantini dalle nostre case e soprattutto ci vorranno molte campagne contro l'uso eccessivo di carta.