Gabriella era un’insegnante di lingue, la letteratura l’appassionava ma nonostante ciò decise di lasciare il lavoro sicuro per rincorrere il suo sogno: lavorare nelle vigne. Fu così che, con il marito Giacomo, fondò un’azienda vinicola. Il nome lo scelse lei, Donnafugata, come il paese immaginario in cui è ambientato il Gattopardo, il romanzo che Gabriella amava di più.
Ma Donnafugata (donna in fuga) era anche lei, Gabriella, scappata dal ruolo d’insegnante per rifugiarsi in campagna, nell’entroterra della Sicilia occidentale, dove la brezza marina si affievolisce, smuovendo appena i filari delle vigne.
Nel ’94, undici anni dopo, Gabriella incontrò per caso, a Padova, Stefano Vitale. Tempo prima Stefano era stato studente di economia in California e durante le vacanze andava spesso nel vicino Messico dove si innamorò dell’arte di Rivera e Frida Kalo, che con i loro gesti semplici e i colori accesi dipingevano i muri della capitale. E così, anche lui, ad un tratto abbandonò gli studi in economia per inseguire la sua passione: dipingere.
Gabriella – forse richiamata dal comune destino – entrò nel suo studio per curiosare tra i disegni sparsi qua e là: colori vivaci, personaggi dall’aria fiabesca, linee nere, nette e decise.
Gabriella ne fu colpita, gli raccontò la sua storia e gli chiese di disegnare le etichette per i suoi vini. Insieme fecero la prima, uno chardonnay che Gabriella chiamò La Fuga. Stefano disegnò la testa di una donna di profilo con la chioma al vento e le ciocche di capelli azzurre, gialle, verdi che richiamano il mare, le colline dei vigneti, il tufo e il sole della Sicilia. La chioma ondulata dà una sensazione di movimento, come se la donna stesse correndo. Quest’etichetta è dedicata proprio alla storia di Gabriella, rappresentata come una donna in fuga.
Da allora i vini di Donnafugata indossano l’eleganza di Gabriella e i colori di Stefano.
Ogni nuova etichetta racconta una storia diversa: L’Angelica dell’Orlando Furioso, anche lei in fuga; Tancredi, Sedara e la sirena Lighea, personaggi del Gattopardo. Altre etichette sono dedicate alla cultura araba: alle Mille e una notte e alla sua narratrice Sherazade, mentre i passiti di Pantelleria hanno nomi arabi: Kabir (Il Grande) e Ben Ryè (figlio del vento).