Giugno 2013. Contagioso come un virus, efficace in misura proporzionale agli strumenti che utilizza per diffondersi (internet ed i mezzi di socializzazione telematica), il marketing virale si serve dell’eWOM (acronimo di electronic word of mouth, ossia passaparola elettronico) per delineare l’immagine delle aziende e ripercuotersi sulla loro prosperità.
Riscuote ampia condivisione negli ambienti della distribuzione l’opinione secondo la quale e’ molto più facile perdere un cliente che guadagnarne un altro, in fondo e’ quotidianamente sperimentabile in societa’ come distruggere sia meno complicato che costruire, imbastire un rapporto più oneroso che disfarlo.
Il passaparola ha sempre influenzato l’appetibilita’ di un’azienda, ma se prima dell’era digitale esso poteva offendere o elogiare limitatamente allo spazio fisico in cui riusciva a diffondersi, adesso la sua capacita’ d’azione si spinge su prospettive molto più profonde.
Un riscontro negativo infatti ora può essere condiviso molto più largamente, mentre e’ rimasta invariata la condizione che rende semplice perdere la fedelta’ di un consumatore.
A dimostrazione di come il tema non sia trascurabile, si provi a immaginare alcune cause comuni di dissenso verso i punti vendita della distribuzione e conseguentemente si consideri la diffusione esponenziale generabile dai mezzi di socializzazione indotti da internet…
Ciascuno dei punti che segue e’ socializzabile al punto da marchiare a fuoco l’immagine di un’insegna, ovunque…
1. Approvvigionamento non garantito con costanza (il cliente che trova rotture di stock con cadenza ripetuta inizia a sospettare che vi siano carenze gestionali e organizzative uniformi);
2. Volantino non rappresentato con la merce sul posto (chi viene appositamente per usufruire di offerte vantaggiose e non le trova, anche se solo parzialmente, crede che sia stato tutto pianificato ad arte per carpire furbamente attenzione e buona fede);
3. Coda alle casse (l’obiezione più ovvia riguarda la mancanza di rispetto per il tempo dell’utenza, seguono a ruota osservazioni circa la disorganizzazione e la disinvoltura irriverente del front office);
4. Scarso livello di disponibilita’ del personale di vendita (bassa rapidita’ di esecuzione delle richieste, assenza di predisposizione alla consulenza e all’orientamento della clientela, mancanza di copertura nel presidio, bassa capacita’ di ascolto delle esigenze sono sintomi di inadeguatezza a svolgere funzioni di servizio, che sovente si immaginano replicate in tutte le basi dell’insegna);
5. Incoerenza tra la comunicazione dei prezzi e la loro effettivita’ al passaggio scanner (insinua disorganizzazione o assenza di lealta’ commerciale, entrambi aspetti catastrofici);
6. Merce scaduta a banco (fenomeno che denota scarsi livelli di attenzione sul mestiere e insinua penosi sospetti sulla qualita’ generale).
Ogni punto costituisce una valvola su cui il consumatore può scaricare, socializzando, il proprio senso di frustrazione nei confronti dell’insegna.
Ogni punto però, se risolto nel particolare, rappresenta un ingrediente essenziale per la vaccinazione contro il virus.
L’insieme dei punti, in conclusione, è sufficiente a dimostrare come, soprattutto al giorno d’oggi, quanto costruito dal marketing tradizionale, il marketing virale può debellarlo o sedimentarlo con facilità disarmante, con efficacia esponenziale!