Nel periodo pandemico, Bofrost è passata da 237 milioni di fatturato ad oltre 300, riuscendo successivamente a crescere ancora. Quali sono i pilastri del suo modello di business? Quali gli assi di sviluppo attuali e futuri?
Quando comincio l’intervista con Gianluca Tesolin, Presidente e AD del Gruppo Bofrost Italia, noto subito dei quadri nel suo ufficio. Il manager mi dice che sono opera di amici, colleghi e parenti.
In Bofrost, però, l’arte non è solo nei quadri, visto che è riuscita in un’impresa titanica, ovvero quella di sfondare il muro dei 300 milioni di fatturato con un business basato sul delivery di prodotti surgelati.

Analizziamo i segreti del successo di un’azienda il cui nome nasce in Germania, dall’unione di Boquoi, il cognome del fondatore, ed il termine “frost”, letteralmente “gelo”, sia in inglese che in tedesco.
Azionista di rilievo e artefice dello sviluppo di Bofrost Italia, filiale nostrana del gruppo teutonico, è stata la famiglia Roncadin, celebre anche per l’omonimo marchio di pizze surgelate.
Bofrost non è stata la prima azienda del suo genere in Italia. Cosa ne ha determinato il successo agli inizi?
In effetti Eismann ci ha preceduto in Italia ma oggi, in molti Paesi europei, Bofrost ha acquisito le attività di questo concorrente. Ci ha sempre contraddistinto il grande legame di fiducia che si crea tra i nostri venditori porta a porta ed i clienti, oltre ad un’elevata qualità del prodotto.
I venditori Bofrost sono tutti dipendenti e questo è un elemento fondamentale. Siamo con ogni probabilità l’unica azienda europea attiva nella vendita diretta ad avere questo tipo di organizzazione.
Dato che l’asset più importante sui cui possiamo contare è proprio la stretta relazione tra noi e i nostri clienti, tutte famiglie e persone che conosciamo benissimo, abbiamo deciso di far curare tale patrimonio a venditori di cui ci fidiamo, selezioniamo direttamente e facciamo crescere all’interno dell’organizzazione.
Il Covid ha avuto un impatto importante sulla vostra attività. Che cosa ha lasciato la fine della pandemia?
Bofrost è passata da 0 a 150 milioni di euro di fatturato nei primi 15 anni di attività, stabilizzandosi successivamente in termini di crescita che, comunque, rimaneva costante. Siamo poi arrivati a 237 milioni nell’immediato pre-Covid, ovvero il 2019.
Il periodo pandemico ha rappresentato un boost notevole delle vendite che sono passate, in un anno, dai 237 milioni già citati a 313. In altre parole, una crescita di 37 punti percentuali. Si è trattato di un incremento dei ricavi eccezionale, avvenuto in un momento critico in cui serviva dare servizio per garantire le forniture di cibo alle famiglie. Noi consegnavamo rispettando i tempi ma in quel periodo non era assolutamente facile.
La crescita non c’è stata solo in termini di fatturato, ovviamente, ma anche in relazione al portafoglio clienti che si è molto arricchito. Ci aspettavamo, però, che nel post Covid avremmo visto le vendite calare con la stessa rapidità con la quale erano cresciute. All’epoca, infatti, accelerammo sull’acquisizione di nuovi clienti, di modo da poter sopperire eventuali decrementi di cifra d’affari generati dal ritorno alla normalità.
Per lo stesso motivo, abbiamo ampliato l’assortimento e spinto sull’offerta di fresco, investendo il capitale accumulato grazie all’incremento considerevole del fatturato. Ad oggi, infatti, siamo in grado di gestire tre temperature, ovvero ambiente, fresco e frozen, nella stessa struttura logistica o all’interno del medesimo automezzo ed il fresco rappresenta il 10% del fatturato.
La verità è che non abbiamo assistito al calo che ci immaginavamo perché Bofrost garantisce un servizio la cui utilità diventa evidente nel momento in cui il cliente lo prova. È raro, quindi, che un nuovo consumatore decida di smettere di acquistare o di limitare grandemente la quantità di prodotto ordinata.
Bofrost non è il player più competitivo in termini di prezzo. In questi casi, come si convince il cliente ad avvicinarsi all’offerta dell’azienda?
Il nostro obiettivo è riuscire a far assaggiare il prodotto Bofrost al cliente finale perché dopo è tutto in discesa. Se confrontiamo le nostre referenze con quelle disponibili a scaffale non siamo necessariamente più competitivi, anche perché una logistica del freddo door to door ha dei costi significativi.
È importante fare presente una cosa però. È vero che possiamo risultare più alti di prezzo ma lo siamo di poco se paragoniamo la differenza nel livello di servizio che offriamo rispetto ai retailer brick&mortar. In sostanza, per poco di più garantiamo un grande valore aggiunto, avendo una struttura ottimizzata.
I frozen specialist brick&mortar hanno un numero di referenze molto variabile. Su quanti prodotti conta Bofrost?
Noi abbiamo due cataloghi, uno primavera/estate ed uno autunno/inverno. Nel catalogo ci sono circa 480 referenze, con qualche variabile dipendente dalla stagionalità. Ogni 15 giorni, poi, ovvero quando il nostro venditore visita la casa del cliente, comunichiamo le novità con dei folder dedicati che presentano 4/5 prodotti nuovi, tra frozen, ambiente e fresco.
In totale parliamo di 100 prodotti lanciati ogni anno che si aggiungono ai 480 citati. La numerica complessiva rimane costante nel tempo perché, periodicamente, alcuni articoli abbandonano l’assortimento. Tutte le nostre referenze frozen sono a marchio “Bofrost” mentre per il fresco utilizziamo il nostro brand “Antica Magnolia” che può essere accostato a quello del fornitore attraverso operazioni di co-branding. Le partnership in tal senso sono attive, poi, anche nel mondo ambiente che rappresenta circa l’8% delle vendite.
Quali territori sono più promettenti per lo sviluppo futuro?
Non c’è un comune senza cliente fino a Frosinone. Poi siamo presenti in Campania in modo importante e nel Sud in generale. In Sicilia, ad esempio, abbiamo 4 filiali.
Solo in Calabria e Basilicata non abbiamo sedi perché sono mercati che non ci consentono di avere una penetrazione sufficiente per poter ottimizzare il nostro centro di profitto che è l’automezzo.
Diciamo che il Sud costituisce sicuramente un ottimo volano di sviluppo per la Bofrost, visto che siamo meno presenti.
Il Retail convenzionale è ossessionato dalle promozioni, anche nel comparto frozen. Che politica utilizza Bofrost a riguardo?
Più che vere e proprie promozioni, noi utilizziamo la leva della scontistica nei momenti in cui, fisiologicamente, ci sono periodi di vendite più contenute oppure si lanciano nuovi prodotti o ancora il cliente raggiunge un determinato volume di acquistato.
La nostra forza è che se oggi decidiamo di lanciare un promozione, domani mattina ci sono 1.500 venditori che la propongono a circa 70.000 consumatori. Abbiamo, quindi, la possibilità di poter rendere esecutive le decisioni commerciali in modo immediato. La pressione promozionale è, comunque, circa dell’1.5%, quindi parliamo veramente di poco.
Abbiamo parlato spesso di qualità. Cosa fa Bofrost per garantirla?
Penso che Bofrost sia l’unica azienda retail che analizza tutti i lotti che entrano nel proprio stabilimento. Per prima cosa facciamo i controlli relativi alla temperatura ed all’integrità del packaging.
A questo punto si prelevano dei campioni per ogni lotto che vengono esaminati nel dettaglio in termini di analisi chimico batteriologiche, di composizione, ovvero se rispettano le proporzioni della ricetta e, infine, di gusto. Abbiamo infatti due panel di degustatori che assaggiano i prodotti in ingresso.
Noi facciamo letteralmente 1 milione di controlli all’anno. Investiamo, infatti, più in questo che nel marketing. Siamo, di fatto, maniacali nel garantire ai nostri clienti la qualità di cui andiamo fieri.
Le catene di negozi frozen specialist puntano sul prodotto sfuso e abbattono i prezzi al pubblico. In Bofrost sono considerate delle minacce?
Il mercato del surgelato vale circa 2.5 miliardi di euro e coinvolge 20 milioni di famiglie consumatrici. In numeri, significa che, mediamente, una famiglia italiana spende circa 100€ all’anno di prodotti frozen.
I clienti Bofrost, invece, acquistano in media 380€ di prodotto annualmente. Noi però copriamo indicativamente l’80% del fabbisogno di surgelati di una famiglia tipo. Se, quindi, i 380€ citati rappresentano l’80%, il 100% è pari a 475€, un valore decisamente più importante rispetto a quello medio di mercato sopra riportato.
La nostra interpretazione del dato è che quando una nuova famiglia diventa cliente Bofrost, non sostituisce le referenze che già acquista con le nostre ma, semplicemente, si approvvigiona da noi di prodotti che normalmente compra freschi o non trova nell’offerta dei negozi brick&mortar di zona.
Il nostro mercato di riferimento, quindi, è il food nel suo complesso e non solo il frozen. In Bofrost, infatti, la denominazione “surgelato” identifica semplicemente un metodo di conservazione, non una categoria di prodotti, ed è il migliore modo per mantenere il cibo fresco, questo va sempre detto per informare i clienti. Crediamo, perciò, che l’arena competitiva sia molto più grande rispetto ai 2.5 miliardi citati.
In definitiva, i player che aprono negozi fisici frozen specialist li guardiamo, ovviamente, con interesse, ma non li vediamo assolutamente come dei concorrenti diretti.