Maggio 2012. La discontinuità significa una realtà in veloce cambiamento dove le regole non sono più fisse ma cambiamo continuamente, dove la capacità di adattamento diventa sempre più difficile, dove la realtà è molto caotica e complessa.
– La discontinuità nella crescita. La crescita non è più lineare, nel largo consumo la crescita complessiva, nonostante le nuove aperture, è stata negativa, figuriamoci la crescita a parità di rete.
– La discontinuità dei comportamenti di acquisto e di consumo. Aumenta il numero di canali visitati, aumenta l’interesse per le promozioni, aumenta la frequentazione del discount, diminuisce lo scontrino medio, aumenta la frequenza di acquisto. Il consumatore rinuncia o rimanda l’acquisto se non percepisce contropartite di valore. Aumenta gradualmente la polarizzazione hi-low.
– La discontinuità nelle fonti del vantaggio competitivo. Dagli acquisti, la leva fondamentale dagli anni ’70 ai primi anni ’00, il potere aziendale si è spostato sulle vendite, il marketing. Il punto di vendita sta diventando centrale. Fatto 100 le decisioni di acquisto, il 55% di queste viene preso nel negozio. I punti di vendita di vicinato aumentano la profondità dell’assortimento a discapito dell’ampiezza.
– La discontinuità delle grandi superfici. Le Gss, gli ipermercati sono oggetto di ripensamento e riposizionamento, riduzione di superficie, riduzione di assortimento, revisione dei prodotti, riduzione dei prezzi.
– La discontinuità degli assetti competitivi. Si spostano le quote di mercato, alcune aziende storiche perdono, altre, relativamente nuove, conquistano nuove quote. Molte reti cambiano insegna e centrale di acquisto.
– La discontinuità dei prodotti di marca, IDM. Come mai i prodotti di marca sono entrati nei discount? “Perché la marca deve stare dove sono i consumatori”. Come mai le marche sono entrate nei volantini? “Perché i volantini aumentano il giro di affari”.
Per redigere questo articolo sono state consultate ricerche di Cermes-Bocconi, Nielsen, SymphonyIri Group, Gfk