Le MDD stanno bene, ma fino a un certo punto. E l’IDM…

Data:

Le MDD stanno bene, ma fino a un certo punto. E l’IDM…
 
Marzo 2016. Nel 2016 le performance delle MDD della GDO sono state superiori a quelle dell’IDM. Fatto 100 il 2008 (inizio del disastro economico provocato dalla Lehman Brothers) oggi la MDD vale il 139%, l’intero largo consumo 108, l’IDM 103. Se questa è la tendenza possiamo dire che la crescita del largo consumo nel lungo periodo sarà trainata dalla MarcaDelDistributore, MDD. Quindi tutto bene? Insomma: vi raccontiamo quel che abbiamo capito a Marca 2017.
 
Ovviamente la crescita generale non riguarda tutti i retailer ma solo 11 gruppi, altri 5 arretrano. Se scendiamo a vedere cosa succede al livello della MDD, ci accordiamo che solo 50% delle imprese cresce nella marca del distributore, le altre segnano il passo. In particolare sono cinque gruppi a farsi notare sia per la crescita dei volumi, sia per la crescita in valore.
 
Pesce, carne e ortofrutta sono MDD
Da notare, e sottolineare, che questa crescita passa dai prodotti freschi, non solo a peso imposto, ma anche dall’ortofrutta. Il reparto dell’ortofrutta, come quello della carne, della pescheria, della panetteria e solo in parte dei salumi-formaggi, offrono prodotti non brandizzati, cioè non sono delle MDD a pieno titolo, anche se, correttamente, il presidente di ADM, Giorgio Santambrogio, le annovera in questo acronimo. Il problema è che ci vuole un progetto molto completo, di filiera per far diventare a pieno titolo questi prodotti, che rappresentano in genere il 50% delle vendite, delle vere e proprie MDD.
 
Da segnalare che nel 2016, nonostante i buoni risultati, nelle MDD diminuiscono le bevande (per il confronto con il 2015, anno molto più caldo) e il pet food. In quest’ultimo segmento le vendite sono state guadagnate dai category killer, segmento, peraltro, dove sono attivi due attori della GDO, Conad e Finiper.
 
Il rafforzamento nelle MDD avviene soprattutto in 97 categorie core che rappresentano il 25% del largo consumo e il 44% del totale delle vendite delle MDD.
 
In particolare:
. il premium cresce dell’11%, vale il 14,2% con il bio del totale vendite a valore delle MDD,
. il bio del 18%,
. il mainstream del solo 2,1%, vale il 80,8%,
. mentre il primo prezzo cala del 5,4%, vale il 5%.
 
La scala prezzi e quei 48 punti
Interessante guardare alla scala prezzi e al pricing praticato dalla GDO e dall’IDM:
 
                         
 
Bisogna dire una cosa, su tutte. Marca 2017 è stata improntata al Premium: giusto, è il segmento che cresce di più, ma vale solo il 14,2%. Accenni rapidi e svolazzanti sul mainstream, che vale più dell’80% del mercato. Sembra quasi che non interessi più di tanto. Le ricerche di mercato mostrate a Bologna ma non solo, sottolineano l’aumento della qualità percepita in aumento nelle MDD da parte del consumatore. Forse questa euforia riguarda il Premium, ma da consumatore delle MDD dei principali quattro gruppi: Conad, Selex e Coop e Esselunga, devo dire, per onestà, che la qualità percepita lascia a desiderare. Faccio l’esempio del cioccolato in tavolette, del miele, dei corn flakes e del vino. Per il cioccolato meno male che c’è Lindt, per il miele me la cavo con produttori locali, per i corn flakes sono tornato di corsa a Kellogs e per il vino, suvvia siamo seri.
 
Ma non vogliamo essere polemici.
 
Continuiamo con le nostre riflessioni.
Nel Premium che tutti decantano la forbice dei prezzi fra IDM e MDD è notevole: 48 punti di differenza, non uno scherzo, come ha sottolineato Marco Bordoli, AD di Crai. A cosa sono dovuti? All’experience, come pochi hanno cercato di far capire? Suvvia. Preferiamo pensare ci sia ancora molto da fare sul piano dell’immagine, del pack, delle informazioni e, soprattutto delle materie prime.
 
Intanto proseguono le pulizie degli assortimenti MDD, soprattutto nel mainstream, che perde nel saldo referenze entrate-uscite circa 600 item, e nel primo prezzo con ben 2.500 referenze di differenza.
 
Nel canale discount la MDD vale il 60%, ed è questo uno degli assett di valore di quel canale. Scommettiamo che con l’arrivo di Aldi questa percentuale aumenterà gradatamente? Una domanda agli analisti di IRi e Nielsen: in quale gruppo mettete Lidl? Nei supermercati o nei discount? Grazie per una risposta.
 
I dati mostrati da GianMaria Marzoli, interista dell’IRi mostrano poi la pressione promozionale di IDM e GDO:
 
 
Come si vede la pressione promozionale dell’industria continua a esercitarsi su livelli molto alti. Ovviamente i contributi promozionali offerti dall’IDM sono ben accetti dalle Centrali e dalle imprese della GDO, ma è un po’ il gatto che si morde la coda. Forse sarebbe più interessante passare all’EDLP e metterci una pietra sopra, non è vero?
 
In attesa di Aldi
Dice GianMaria Marzoli che gli ampliamenti degli assortimenti, il mix e le rotazioni sostengono le performance della MDD. Permangono tuttavia vari problemi nella gestione del pricing e dello scaffale. Vero, eccome, in molte categorie c’è una sovra esposizione di cm lineari esorbitante e questo non fa bene allo scaffale e al consumatore che lo guarda che vede in alcuni casi un’esposizione moltiplicata per 6 della stessa referenza.
 
Ci fermiamo qui, almeno è quel che abbiamo capito da Marca 2017.
 
In attesa di Aldi, del quale, dobbiamo proprio dirlo, siamo dei fan da tempo.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Sei umano? *

Condividi:

Popolari

Articoli simili
Related

l’IA rivoluzionerà tutto…anche il Retail

L'IA impatterà il mondo ed il retail in modo particolare. Dalla logistica agli acquisti, i processi verranno con ogni probabilità rivoluzionati. È meglio prepararsi per evitare di prendere l'onda del cambiamento in faccia.

Chi ha ucciso Clevi?

Clevi, startup creatrice di un sistema di rilevazione e comparazione dei prezzi retail applicati online, ha chiuso i battenti per mancanza di clienti e fondi, nonostante potesse apportare valore al mercato. Chi sarà interessato ad acquisirne proprietà intellettuale e strumenti di rilevazione?

Una nuova rivista di retail. Perché?

RetailWatch torna dopo 4 anni, in un momento sfidante per il retail nazionale ed internazionale, riprendendo lo stile e gli argomenti per cui è diventato famoso.