L’esperienza d’acquisto: non solo ambientazione ma equilibrio del retail-mix

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Luglio 2019. In queste ultime settimane ho avuto modo di visitare alcuni punti di vendita appartenenti al gruppo Selex e Conad Cagliari, negozi con ambientazioni curate, colori rilassanti, illuminazione da far invidia a grattacieli di Manhattan…insomma punti di vendita funzionali per una shopping experience soddisfacente.

Entrarvi induce diverse emozioni e questo basta per riflettere sul fatto che lo spazio di vendita è parte integrante dell’intera comunicazione aziendale.

Allo stesso modo la disposizione del layout e del display esprime la mission, l’identità, le specializzazioni del punto vendita; chi entra nel punto vendita percepisce un messaggio, emozioni, non si trova di fronte semplicemente prodotti sugli scaffali o nelle gondole.

Nelle intenzioni dell’insegna che ha investito nella ristrutturazione del punto vendita, l’ambientazione deve tradursi nella “materialità” delle vendite, ovvero in fatturato e redditività per metro lineare.

Non basta pertanto l’ambientazione seppur necessaria a rilanciare la mission del punto vendita e fare da attrazione per la clientela, serve un giusto equilibrio del retail-mix del punto vendita in grado di tradursi in strumento di vendita attivo, dove l’interazione della clientela con i prodotti deve essere easy, intuitiva, agevole perché no…piacevole!

Qual è la strada giusta?  Trovare il giusto equilibrio tra profondità ed ampiezza dell’assortimento, rotazione, visibilità e redditività dei metri lineari.

Occorre agire su diverse variabili:

– scelta dei prodotti
– posizionamento

– stock

– modalità espositiva

– promozioni

Quanti buyer o category, prendono le decisioni su quali prodotti esporre in base alle esigenze della clientela che frequenta la propria rete vendita o cluster di punto vendita?

Quanti dall’incrocio tra dati di vendita e geomarketing che tiene conto della tipologia dei concorrenti, delle location, della densità abitativa e profilo di spesa ?

Quanti partono dall’ascoltare il personale di vendita, dal salumiere al macellaio passando per l’addetto alla pescheria per farsi un idea del percepito della clientela?

Posizionamento: dare più servizio vuole dire esporre più merce? soddisfare più bisogni vuol dire avere una ampia scala prezzi per tutte le tasche? Cito il Prof Giampiero Lugli nel suo best seller “Troppa Scelta”  che invito a far leggere a tutti i buyer/category della GDO,  delle difficoltà della clientela nel gestire l’eccesso di scelta (choice overload) quando deve decidere che cosa acquistare.

La nostra mente cognitiva non riesce infatti a valutare le diverse alternative quando diventano troppo numerose. L’esperienza di acquisto diventa dunque sempre meno gratificante perché l’espansione della scelta provoca confusione, incertezza che si traduce in minori vendite.

Stock e modalità espositiva: da sempre sono oggetto di discussione tra addetti ai lavori e comunque vanno definiti in base alle specificità del punto vendita, tuttavia ci sono delle regole “pratiche” che possono supportare lo store manager: la prima è la disposizione che tiene conto dei “livelli espositivi”, privilegiando la leggibilità del prodotto, la diversità dei formati e dei colori delle confezioni, della presenza di prodotti a vendita d’impulso e ad acquisto programmato; la seconda è il brand e in particolare se è il “captain category” che guida le scelte della categoria e quindi la marginalità in funzione delle vendite.

La terza regola indica l’aspetto quali-quantitativo dello stock a lineare: alcuni tra gli addetti ai lavori parlano della regola “del 15” che suggerisce di destinare almeno 15 cm lineari all’esposizione di un prodotto per renderlo ben visibile e di destinare almeno 2 facing ad ogni prodotto per enfatizzare il messaggio intrinseco del prodotto.

Per esperienza, da un lato la quantità va definita in funzione dei giorni di copertura delle vendite in modo da ridurre gli out of stock e rendere efficiente il rifornimento, dall’altra il n. di facing deve essere funzionale al cartonaggio dell’industria.

Su questo aspetto, un imprenditore di Coralis mi diceva che non deve essere l’IDM ha dettare lo spazio a scaffale  nei suoi punti vendita in base al cartonaggio e per questo  utilizzava l’ultimo ripiano come riserva degli esuberi, vero risposi io, ma allo stesso tempo bisogna considerare anche l’esigenza di recuperare efficienza e reddittività.

Promozioni: una recente ricerca Nielsen citata nel “Rapporto Coop 2018” classifica gli italiani tra i consumatori più sperimentali d’Europa, se è vero che il 45% dei nostri connazionali dichiara di abbandonare il proprio punto vendita abituale per approfittare delle promozioni e offerte di altre insegne, dimostrando una disinvoltura che si concretizza nella ricerca di alternative maggiormente convenienti e stimolanti in termini di assortimenti.

In questo contesto, assistiamo alla guerriglia marketing delle promozioni tra insegne, con poche eccezioni,  senza badare “troppo o troppo poco” alla fidelizzazione in store con programmi di reale profilazione del cliente/customizzazione dell’offerta, in grado di re-indirizzare gli investimenti promo sui programmi di retention , convinti che sia ancora una volta il “prezzo” la discriminante di tutto il processo di acquisto, nonostante assistiamo ad una continua riduzione della redemption delle promozioni.

Contributor da Cagliari, Sardinia Island

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