L’uomo dalle mille facce in Dallas Buyer Club
Febbraio 2014. Un film hollywoodiano di rara sensibilita’ e intelligenza.
Storia di un macho texano (Matthew McConaughey) appassionato di rodeo, al quale a meta’ degli anni ’80 viene diagnosticato l’HIV. Per il periodo storico, ma soprattutto anche per il luogo dove ha luogo la vicenda, l’AIDS era ancora visto come la malattia degli omosessuali, non essendo infatti ancora tutti a conoscenza delle molteplici vie attraverso le quali fosse possibile contrarre il virus.
L’omofobo sieropositivo comincia una cura consigliata dall’ospedale che gli permetterebbe di campare fino e non oltre trenta giorni. Compagno di stanza e’ Rayon (alias Jared Leto), transessuale a sua volta infetto con HIV. Con il suo aiuto mettera’ in piedi una vera e propria impresa di farmaci per curare la malattia. Gli stessi che infine gli hanno salvato la vita in Messico, superata ampiamente la scadenza preannunciata dai medici, dove e’ stato costretto ad andare una volta ricevuta la dritta per un dottore in possesso di sostanze curative proibite negli USA.
Minima testimonianza della qualita’ di questa pellicola del canadese Jean-Marc Vallee (la prima degna di nota dopo "C.R.A.Z.Y.") sono le sei nomination all’imminente Oscar. Miglior film, attore protagonista, co-protagonista, sceneggiatura originale, montaggio e trucco.
L’altissimo livello della recitazione e’ indiscutibile. Due interpretazioni, quelle di McConaughey e Leto, che lasciano davvero il segno. Gia’ visivamente appare lampante il lavoro che e’ stato fatto sul personaggio. Entrambi hanno perso fra I tredici e I venti chili per rispecchiare l’aspetto di un sieropositivo il piu’ fedelmente possibile.
Non si stenta a credere che sia una pellicola ispirata a una storia vera, come negli ultimi trent’anni ne abbiamo conosciute (e magari vissute) nel mondo occidentale (l’Africa sembra sempre piu’ lontana di quanto in realta’ sia).
Non per niente il sottotitolo del film, monito a tutti gli spettatori di questa perla di buon cinema contemporaneo, e’: "Dare to live", ovvero "Osa vivere".
Senza il bisogno di trovarsi di fronte alla malattia o la morte imminente, ma per il solo piacere della vita stessa.
-GENERE: drammatico. Umano e onesto fino in fondo. Non ci nega ne’ gli orrori della malattia che ha fatto tremare il pianeta dagli anni ’80, ne’ la bellezza dell’essere umano, capace di mutare, ricredersi, amare.
-VELOCITA’: due ore nette che si percepiscono quanto un corto. Il piacere di un risveglio dopo un viaggio mistico che si interrompe ai titoli di coda.
-TEMPERATURA: calda. La fotografia sottolinea gli stati d’animo dei malati di AIDS che non si rassegnano mai ai colori freddi delle stanze di ospedale.
-QUALITA’: era almeno da ‘La versione di Barney’ (2010) che Hollywood non ci appariva cosi dolce e crudele allo stesso tempo.
-COLONNA SONORA: la canzone portante, non originale, e’ "City of Angels" dei ’30 seconds to Mars’, dei quali il leader e’ lo stesso Jared Leto. Altri brani degni di nota sono "Main Man" e "Life is strange" dei ‘T.Rex’.
-DA VEDERE CON tutti. Educativo e profondo. Scioccante, e’ un ottimo film da andare a vedere sia in coppia, ma anche da soli. Un film che suggerisce una lunga passeggiata all’uscita dalla sala.