Maggio 2019. È chiaro che la dimensione degli squilibri che originano dalle tendenze della demografia non può essere risolta esclusivamente dalla crescita: occorrono risorse a sostegno delle famiglie con figli, un impegno ad aumentare la partecipazione femminile al mondo del lavoro, servizi per l’infanzia e politiche in grado di trattenere i giovani. Il sostegno offerto dall’immigrazione c’è ed è destinato a perdurare nel tempo, ma diventa residuale se prima non si affrontano le altre questioni.
È in questo contesto che vanno inquadrate le riflessioni sui flussi migratori: sgomberando il campo da strumentalizzazioni ed equivoci, il Rapporto Coop offre un angolo visuale “terzo”. Anzitutto facendo chiarezza sui numeri: gli stranieri residenti in Italia sono pari a poco più di 5 milioni. L’incidenza sulla popolazione complessiva è dell’8,5%, un valore superiore alla media europea (7%), ma pur sempre inferiore a quello registrato negli altri principali Paesi europei: 12% in Belgio, l’11,2% in Germania, oltre il 9% in Regno Unito e Spagna. Fa eccezione solo la Francia (6,8%), ma oltralpe la storia dell’immigrazione ha radici più antiche e una quota più rilevante di residenti originariamente cittadini stranieri nel frattempo ha acquisito la cittadinanza. Osservando la composizione della popolazione immigrata rispetto a quella italiana, inoltre, si osservano differenze marcate: l’età media è di oltre 10 anni più bassa (33,6 anni contro 45,4), con il 40% dei nuovi arrivati che è under 30; il tasso di fecondità tra le donne straniere (1,97 figli per donna) risulta significativamente più sostenuto di quello medio nazionale (1,26).
Fonte: italiani.coop