MOON, o qualcosa che avverrà

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MOON, o qualcosa che avverrà

Autore: Giulio Rubinelli per la scheda del film Luigi Rubinelli per gli abbinamenti food

Venerdì 31 maggio 2013
Sky Cinema Cult
Ore 19.15

di Duncan Jones
UK (2009)
Dramm., Fant.

Sam a Gerty:  “E comunque Gerty, non siamo macchine. Siamo uomini”.

Un’ovazione al Sundance non piove dal cielo. Autentica perla del cinema indipendente a firma del britannico Duncan Jones (figlio di David Bowie) che con questa pellicola esordisce sotto I migliori auspici sul grande schermo, per non contare le due nomination ai BAFTA, non scontate per I novellini.

Inquadrature semplici, quasi didattiche, ci portano attraverso un viaggio nei miti di un giovane regista che non può non rifarsi (come qualunque altro esordiente) ai suoi maestri, con chiarezza, pulizia e totale onestà.

Il tema della clonazione è cruciale di questi tempi, più che riferito a quella umana, la ritroviamo come valore supremo di un modo di vivere che ha raggiunto il suo culmine nell’attuale crisi economica. Quello dei cloni può infatti venir visto come un semplice pretesto alla ben più complessa tematica dell’omologazione e Jones a riguardo non si risparmia affatto.

Uomini come prodotti di scarsa qualità, velocemente riciclabili e dal periodo di vita breve e prestabilito.
Servono e servono immediatamente, illusi di essere fondamentali e insostituibili, ma nella realtà rimangono solo un mezzo alla veloce realizzazione di servizi. Dalla forza dell’uomo al suo accostamento a quella della macchina, passando per la macchina che non necessita più dell’uomo, per arrivare infine all’uomo come macchina che lavora insieme alla macchina per l’uomo. E’ questo l’ultimo stadio. Risvegliàti, sfruttati ed eliminati secondo le più crudeli logiche naziste: “Ricordatevi il numero del vostro appendiabiti, in modo che all’uscita dalle docce possiate recuperare I vostri indumenti” riporta molto al video messaggio che Sam Bell vede dalla capsula che dovrebbe riportarlo sulla terra e invece e’ prevista essere la sua tomba.
Cinismo quindi parola d’ordine del film che rimanda al termine piu’ artisticamente intelleggibile di ‘grottesco’.

Sam Bell (Sam Rockwell) è un dipendente della Lunar Industries che fornisce la terra di elio (nuova e universale soluzione di sopravvivenza ai danni causati dall’uomo nel precedente secolo e mezzo). Il suo contratto è triennale e non gli è possibile nessun tipo di collegamento diretto con la sua famiglia, ma solo tramite video messaggi registrati. Alla base è completamente solo se non per Gerty (doppiato da Kevin Spacey), macchina che insieme a lui lavora al corretto funzionamento della stazione.

Mancano due settimane allo scadere del triennio e Sam e’ gia’ con la testa sulla Terra, ma qualcosa non rientra nel quotidiano. Comincia ad avere allucinazioni, dolori allo stomaco e capogiri. Si va a schiantare con il rover lunare e lì resta. Ma qualcuno lo trae in salvo. E qui si avviluppa la fitta trama di questa pellicola che brilla soprattutto per l’impeccabile servizio che le ha reso il suo protagonista.
Rockwell certo, a differenza del regista, non e’ agli esordi (‘L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford’, ‘Confessioni di una mente pericolosa’, ‘Stanno tutti bene’, ‘Choke- Soffocare’, ‘Celebrity’ e ‘Sette Psicopatici’) e regala ancora una volta una dimostrazione del suo poliedrico talento (tra l’altro e’ fortemente raccomandata la visione di tutti I film sopra elencati).

A completare il quadro del film, la colonna sonora originale firmata da Clint Mansell, pupillo musicale di Aronofsky (il brano cult da ‘Requiem for a dream’), che forse davvero appone l’ultimo accento di qualita’ al film rendendolo straordinario.
Insomma si ringrazia Kubrick, il cui nome intimorisce sempre, ma che in questo caso è davvero giusto citare:
“(Su 2001: Odissea nello spazio) Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio.”

– GENERE: Ovviamente fantascientifico ma intrinsecamente drammatico, dotato di una profondita’ di concetto per nulla in superficie

– VELOCITA’: Velocita’ standard, come gia’ detto, le inquadrature sono molto semplici. Il ritmo e’ sul veloce-andante, ma che non puo’ mai risultare indigesto.

– TEMPERATURA: Fredda. Rockwell ci fa sentire il clima che tira all’interno del suo casco spaziale e il lieve soffocamento che accompagna ogni colpo di scena, che non si fa desiderare.

– QUALITA’: Altissima. Un tributo al cinema fantascientifico con la freschezza di un esordiente. Mai un blockbuster, ma nemmeno facilmente leggibile come un indipendente.

– DA VEDERE CON: Facciamo andare a nanna i piu’ piccoli che non meritano che la loro fase sensibile venga contaminata da strane claustrofobie.

Gli abbinamenti food

Formaggio: Bleu de Bresse. Questa volta andiamo in Francia (ma torneremo subito in Italia), Formaggio eborinato con la crosta bianca, della provincia omonima. È piuttosto grasso, in genere industriale, non facile da trovare in Italia. Andrebbe consumato con una baguette paysan, con crosta croccante.

Vino: stiamo ancora per un momento in Francia e consigliamo il Vournay, gusto di terra pronunciato. Se lo trovate assaggiate il Lemont sec, ancora più agguerrito di altri. Attenzione perché il gusto di terra è davvero accentuato, un po’ come la Freisa di Chieri.

Cioccolato: Cioccolato Berry, Tavoletta Extra Bitter Guayaquill, da specialisti, da mangiare in compagnia e con il Vournay, ma anche da usare in cucina per le guarnizioni.

 

 

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