Mulliez-Auchan: ho un auto del 2001 e non voglio…

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Mulliez-Auchan: ho un auto del 2001 e non voglio…

Aprile 2014. Gerard Mulliez, fondatore di Auchan, è un uomo riservato. Da sempre è considerato il punto di riferimento del gruppo E, nonostante l’età, suggerisce strategie e comportamenti per i manager e le aziende del gruppo.
Recentemente ha preso parte ad alcuni convegni, fatto per lui inusuale, e, seguendo i resoconti della stampa francese è possibile aggiornare il suo pensiero.

“ Non è stata una fortuna nascere nella famiglia più ricca di Francia."

Uso ancora un’auto acquistata nel 2001. Mi chiedo perché devo cambiarla se ancora funziona. Non sono uno spilorcio ma soltanto faccio economia. Mi diverto a sentire che mi dipingono come spilorcio. E questo lo dice qualcuno pensando che io ricevo i ministri in uno dei nostri Flunch (ristoranti self service del gruppo: ndr). Invece il più delle volte è vero, perché bisogna dare il buon esempio nello spirito di economizzare le risorse. Un po’ come diciamo nel gruppo Auchan: bisognerebbe fare il burro con l’acqua.

Talvolta mi interrogo come il lavoro di un uomo può valere 400, 500, 600 volte quello di un altro uomo. E mi rispondo: manca il buon senso e lo spirito di giustizia. Nelle aziende del nostro gruppo, sin dalle origini lo scarto massimo dei salari è di circa di 1 a 20.

Mi ricordo che quando avevo 10 anni mio padre mi ha concesso un pezzo di terra di 5 mt per 7 mt per coltivare insalate, legumi, fiori. Li acquistavano i miei parenti e li pagavano ai prezzi di mercato. Sapete chi erano i miei concorrenti? I miei fratelli.

Come si fa a dormire quando avete sul groppone dei debiti? Nel business noi abbiamo una filosofia che fissa il maggior debito possibile fra 1.5 e 2 volte l’intero cash flow. Personalmente penso che questo rapporto sia già troppo alto. Forse converrebbe scendere a 1.

La legge dell’offerta e della domanda può valorizzare le imprese. Il valore deve riflettere però la realtà della sua attività e non il sentimento degli investitori o del valore futuro. Credo che quando il presidente di un’impresa quotata in borsa arriva in ufficio ha già passato almeno 30 minuti a guardare il corso del titolo. E se il corso non è buono passa un’altra ora a domandarsi questo e quell’altro. E quando arrivate alla trimestrale e pensa che la sua azienda va meglio di quanto non sia realmente, alla fine ci crede.

Il nostro gruppo familiare conta ormai 500 azionisti. È un gruppo molto prolifico. Per una regola interna istituita nel 1955 il gruppo distribuisce al massimo l’1% del valore dell’impresa, che viene fissato una volta all’anno sulla base dei suoi risultati. Questo rappresenta in generale il 10% del risultato, vale a dire molto meno di quello che fanno le grandi imprese quotate in borsa.

I miei più stretti collaboratori mi hanno convinto di istituire l’azionariato diffuso fra i nostri lavoratori, già negli anni 70. I miei parenti non erano molto d’accordo. Probabilmente erano inquieti nel vedere impiegati, sindacalisti, co-responsabili dell’azienda stessa.  Gli ho risposto mettendo sulla bilancia le mie dimissioni. Allora i miei parenti mi hanno seguito a una condizione: educare ciascun collaboratore all’economia nell’impresa e nel gruppo.

I giornalisti alcune volte scrivono che io vivo in Belgio. In realtà vivo in Francia, a qualche minuto dagli uffici del gruppo. Perché? È semplice: mia moglie mi ha detto: se tu vai in Belgio, io resto qui in Francia. E voi capite che alla mia età è abbastanza complicato cambiare moglie…!”.
 

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