Nike e la costruzione dell’icona: il caso di Londra
Febbraio 2015. Nike ha una capacità innata di costruire l’icona e le icone che compongono la sua attività di branding.
Ha iniziato nel secolo scorso togliendo in nome dal suo brand e lasciando il baffo.
Oggi sta riempiendo di valori tangibili e intangibili molte delle sue attività.
Nel flagship di Londra, NikeTown, al secondo livello, il brand è ricordato nei suoi passaggi fondamentali, sia che parli il prodotto sia che parli il logo e le sue evoluzioni.
Oggi però la complessità delle attività di branding sta abbracciando altre aree e riguarda sempre più i servizi.
Il caso della parsonalizzazione del prodotto è una di queste: con la personalizzazione, e tutte le sue varianti, delle calzature il brand assume un connotato molto più allargato che nel passato, basato su un servizio, ossia sulla possibilità di ottenere alcuni elementi fisici immediatamente, dietro una semplice richiesta vocale oppure utilizzando un servizio virtuale offerto sul sito internet o nel negozio. Il risultato ottenuto avvicina ancor di più il brand al cliente, tramite un desiderio appagato, e in molti casi il servizio diventa un’icona, un’attività prestata soltanto dal brand Nike.
È, questa, un’evoluzione impegnativa e costosa per la marca che però avvia momenti di differenziazione rispetto ai competitor mai visti fino ad ad oggi, per raggiungere vere e proprie competenze di marca subito riconoscibili.
Il filmato di RetailWatch ne mostra alcune.
Osservate l’uso dei prodotti, come le scarpe e le palline da tennis, utilizzate per altre funzioni, come l’illuminazione, una intuizione unica nel suo genere che fa diventare ancor più iconico un brand che, a nostro avviso, lo è già fin troppo. Quale sarà la prossima barriera da infrangere?