Padre Bianchi, L'Artusi e “Il pane di ieri”
Ottobre 2014. “La nostra fame non è solo di pane ma anche di parole che escono dalla bocca dell’altro”. Non lo ha scritto Pellegrino Artusi, ma Padre Enzo Bianchi. L’accostamento al gastronomo romagnolo non sembri azzardato: entrambi hanno inteso il cibo non solo come nutrimento del corpo, bensì come elemento di riflessione sull’uomo, le risorse, la cultura, la commensalità. E proprio al fondatore della Comunità di Bose sabato 11 ottobre (ore 17) a Forlimpopoli, nella Chiesa dei Servi, aperta al pubblico, sarà consegnato il prestigioso Premio Artusi, ogni anno assegnato dal Comitato scientifico di Casa Artusi a coloro che si distinguono per l’originale contributo dato alla riflessione sui rapporti fra l’uomo e il cibo.
Come sottolinea la motivazione del Premio, in Padre Bianchi “la cultura del cibo ha trovato un interprete nella duplice prospettiva del rispetto per il lavoro che l’uomo impiega a procurarlo e prepararlo, nonché della commensalità e della condivisione come dimensione specifica del gesto alimentare. Tali valori, propri anche del messaggio artusiano, sono importanti da sottolineare in un momento in cui il tema del cibo sembra talora imboccare la deriva dello star-system e dello spettacolo fine a se stesso”.
Più che una semplice cerimonia di consegna del Premio, la giornata sarà un momento di riflessione e confronto sul tema del cibo con specifico riferimento all’ambito monastico, scelta di vita di Padre Bianchi, tradizione dalla lunga storia alle spalle nell’Italia Medievale. A dialogare insieme al Priore di Bose, lo storico Massimo Montanari dell’ateneo bolognese, Presidente del Comitato scientifico di Casa Artusi. Punto di partenza del pomeriggio, “Il pane di ieri”, titolo di un fortunato libro dello stesso Bianchi, spunto di riflessione sull’importanza dei valori tradizionali della cura, del risparmio, dell’attenzione al cibo.
Padre Bianchi in quel volume ha posto la meditazione lontano anni luce dagli stereotipi del “cibo videocratico” imperante in questi tempi, per riportarla ai valori dell’uomo. “La nostra fame non è solo di pane ma anche di parole che escono dalla bocca dell’altro: abbiamo bisogno che il pane venga da noi spezzato e offerto a un altro, che un altro ci offra a sua volta il pane, che insieme possiamo consumarlo e gioire, abbiamo sopratutto bisogno che un Altro ci dica che vuole che noi viviamo, che vuole non la nostra morte, ma al contrario, salvarci dalla morte.”
Il nome di Padre Bianchi, nel Premio Artusi, fa seguito a personaggi dello spessore di Wendell Berry (2008), Serge Latouche (2009), Don Luigi Ciotti (2010), Oscar Farinetti (2011), Andrea Segrè (2012), Mary Ann Esposito (2013).
La consegna del Premio Artusi fa parte della Settimana del Buon Vivere, in sostegno a Ravenna capitale della Cultura 2019.
Chi è Enzo Bianchi.
Enzo Bianchi, nato nel 1943 a Castel Boglione in Monferrato, dopo gli studi alla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, alla fine del 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità monastica ecumenica, di cui è a tutt’oggi Priore. La comunità conta un’ottantina di membri tra fratelli e sorelle di cinque diverse nazionalità ed è presente, oltre che a Bose, anche a Gerusalemme (Israele), Ostuni (BR), Assisi (PG) Cellole-San Gimignano (SI) e Civitella san Paolo (Roma).
Nel 1983 fonda la casa editrice Edizioni Qiqujon che pubblica testi di spiritualità biblica, patristica, liturgica e monastica. Nel 2000 l’Università degli Studi di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in “Scienze Politiche”. Membro del Consiglio del Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e orientali del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, Padre Bianchi ha fatto parte della delegazione nominata e inviata da papa Giovanni Paolo II a Mosca nell’agosto 2004 per offrire in dono al patriarca Aleksij II l’icona della Madre di Dio di Kazàn. Ha partecipato come "esperto" nominato da papa Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla Parola di Dio (ottobre 2008) e sulla Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana (ottobre 2012). Nel 2009 riceve il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro Il Pane di ieri. Opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa, La Repubblica e Avvenire. Per il suo settantesimo compleanno è uscito “La sapienza del cuore” (Einaudi), un volume collettivo con interventi in suo onore di intellettuali, artisti, politici ed ecclesiastici. Dal 2014 è cittadino onorario della Val d’Aosta.
La Città di Forlimpopoli, su indicazione del Comitato Scientifico di Casa Artusi, ha deciso di conferire il Premio Artusi 2014 a Enzo Bianchi perché, fondatore e priore della comunità monastica di Bose, si è segnalato come personaggio di spicco della cultura italiana, non solamente in ambito religioso ma nel dialogo continuo con la società laica e i suoi valori di democrazia, tolleranza, ospitalità. Testimone della spiritualità cristiana in uno spirito di riflessione critica e di servizio alla comunità, ha contribuito a valorizzare l’attenzione alle piccole cose della vita quotidiana, in apparenza umili ma potenzialmente cariche di straordinari valori (la pazienza, la capacità di attesa, il rispetto delle regole) che fanno anche parte della più autentica tradizione contadina. La cultura del cibo, in particolare, ha trovato in lui un interprete nella duplice prospettiva del rispetto per il lavoro che l’uomo impiega a procurarlo e prepararlo, nonché della commensalità e della condivisione come dimensione specifica del gesto alimentare. Tali valori, propri anche del messaggio artusiano, sono importanti da sottolineare in un momento in cui il tema del cibo sembra talora imboccare la deriva dello star-system e dello spettacolo fine a se stesso.