Per conquistare il pubblico, devi essere il Pubblico
Maggio 2018. È citando la risposta che il celebre regista Fellini rivolse a Steven Spielberg su come “fare dei buoni film” che inizia la riflessione di Luigi Rubinelli, direttore di RetailWatch, sul presente e il futuro della GDO.
Una riflessione che sta alla base di tutto il convegno organizzato da RetailWatch all’edizione 2018 di Cibus, articolato in 3 momenti principali durante i quali si è posta attenzione all’interpretazione dei format (Luigi Rubinelli), al sentiment dei consumatori e la loro fidelizzazione (Bruno Berni, CFI Group) e ai bilanci delle insegne (Igino Colella, IES).
Poniamo ora un sintetico accento su alcuni dei molti punti trattati durante la presentazione di Rubinelli, intitolata “La crisi dei format, i nuovi concept, i prodotti”.
L’ascolto, il fattore X.
E, come anticipato, la riflessione deve per forza di cose iniziare dall’ascolto dei consumatori.
Negli ultimi abbiamo assistito a una crisi di fiducia, in tutti i sensi. In relazione alle scelte di acquisto, i consumatori hanno smesso di fidarsi dei brand, delle insegne: oggi si rivolgono e credono solo gli altri consumatori.
È ovviamente un punto cruciale, dato che tali conversazioni orizzontali sfuggono alle “orecchie” di IDM e retailer, e questo comporta una difficoltà nell’interpretare i comportamenti di consumo.
Un esempio forse banale? Gli assortimenti non food negli ipermercati: ed è semplice quanto complesso, basta guardarli in tutte le insegne. In questi il responsabile di reparto, per accorgersi del problema, dovrebbe essere l’indumento che vende, indossare la camicia tutti i giorni, anche a casa, a cena con gli amici, che inserisce a scaffale per capire per quale motivo non vende.
Qual è la situazione attuale nella GDO? La risposta di Rubinelli può spiazzare ma riflette la realtà: un “patchwork”. Ogni operatore va in una direzione, e cercare di sistematizzare tali direzioni è impossibile. Gli accordi e le partnership si moltiplicano, e sono di tutti i tipi, infra e inter settoriali.
Una delle conseguenze della situazione che si è venuta a creare è però la convergenza competitiva e la sovrapposizione dei formati iper super e discount: chi ha fatto trading-down, avvicinandosi alle logiche discount, e chi ha sapientemente fatto trading-up, migliorando la qualità.
E i conti, di fatto, hanno premiato quest’ultima logica: i discount, a parità (e in dato medio), sono gli unici che non stanno perdendo, e sostengono la crescita del mercato LLC.
Una previsione. Sembra perciò appropriato porsi la domanda: come finirà? A fronte di una sicurezza che è impossibile avere, i trend parlano chiaro e permettono una previsione: il discount aumenterà ancora, mentre Amazon diminuirà i profitti – in primo luogo perché dovrà aumentare i servizi.
Ma in merito a quest’ultima affermazione, su un altro elemento Rubinelli ha voluto dare una decisa sottolineatura: gli attori del futuro devono ancora arrivare. Questo perché va riconosciuto che ormai Amazon non è il futuro, è il player del presente – che continuerà a esserci anche domani, ma non sarà più il solo!
Gli assortimenti, una logica da aggiornare.
Un’opinione dura viene poi espressa: l’unica strada per i retailer è il prodotto a marchio. La private label deve quindi migliorare, rafforzarsi, diventare un autentico strumento strategico per l’insegna e deve aumentare a numero di referenze.
L’esempio del Viaggiator Goloso (Unes/U2) è buono, ma è solo un punto di partenza: ad oggi performano bene, stanno aumentando, ma sono ancora troppo poche le referenze in store, devono arrivare al 50%.
D’altronde il retailer deve far fronte al proprio compito, che non può più essere di sola selezione all’ingresso dei brand industriali: la logica della contribuzione non premia, non più. Eppure, è difficile uscirne quando ci sono imprese commerciali che prendono addirittura il 15% di contribuzione sul venduto.
Un dato allarmante, come si evince dalla slide relativa allo stato di salute dei “freschi”: come reparto infatti rappresentano un elemento fondamentale dei retailer della GDO, cumulando all’incirca il 50% del venduto, ma la soddisfazione del consumatore è, mediamente, scarsa.
Un confronto impossibile quello con le GSS? Queste si sono davvero focalizzate, hanno raggiunto un grado di specializzazione elevato e per questo sono preferite dai consumatori, che cercano la qualità.
E vengono ripagate con 22-23k € al metro quadro.
La centralità della ristorazione.
Il tema della ristorazione è diventato sempre più importante per i retailer della GDO, prima all’estero e progressivamente anche in Italia, tanto da vedere proposto, in ambito accademico, un cosiddetto “ciclo di vita del marketing ristorativo” del retailer (Cardinali, 2011).
Oggi il ristorante, il bar, l’eat in e lo shop in shop sono centrali per la GDO, portano valore aggiunto e rappresentano potenzialmente una buona strategia di differenziazione. Potenzialmente, però, perché un servizio diverso impone un atteggiamento diverso alla gestione dello stesso: si vedano ad esempio gli orari di chiusura, che in taluni casi non dovrebbero coincidere con quelli dell’insegna. Ulteriore esempio, andando oltre il mondo della GDO, è notevole il Moleskine Bar: qui il prodotto (ma non il brand) esce dal primo piano, non è la vendita di agende e accessori il core, ma la somministrazione e la permanenza dei clienti nel bar – e impone l’assunzione di professionisti della ristorazione.
Sempre a tema ristorazione, è degno di nota un segmento di mercato nuovo, inesistente fino a qualche tempo fa: il Meal Kit Provider, nuovo segmento che ha portato alla nascita di nuove partnership (Finiper con Quomi, Carrefour con Quitoque), e che sta crescendo costantemente a doppia cifra.
E un’indicazione operativa è il logico proseguimento delle precedenti argomentazioni: chi sono i principali competitor della GDO in pausa pranzo? I bar, i ristoranti a self service, i kebab: ma questi non vengono tracciati dalle ricerche di mercato come le vendite della GDO. È però innegabile che sottraggano acquisti a questi ultimi. Come procedere? Quello di Rubinelli è prettamente un consiglio pratico: ogni direttore di punto vendita dovrebbe perlustrare il suo quartiere, anche con atteggiamenti da mistery shopper se vogliamo, per capirne le specificità e adeguare l’offerta della sua insegna.
Di certo non facile, non scalabile, ma corrispondente alla filosofia che (per un momento uso il plurale) proponiamo come vincente: l’ascolto del consumatore.
Come sarà la GDO in futuro?
Un patchwork migliorato. Tirando le fila da questo momento di confusa transizione e agitazione, questa è la risposta di Rubinelli. Ma per migliorare, ancora una volta, bisognerà sempre di più passare dall’ascolto del cliente.
Scarica qui il pdf della presentazione “La crisi dei format, i nuovi concept, i prodotti”.
Jose David Ramirez
Parma, 21 maggio 2018.