Riflessioni di scenario sull’abbigliamento
Ottobre 2013. Un post in risposta ai dati segnalati sul cambiamento in atto nel settore dell’abbigliamento.
E allora che prospettive ha il settore? Difficile prevederle. Se pensiamo alle motivazioni di questi dati ci viene subito in mente che il canale tradizionale, o meglio il negozio fisico che imposta il proprio listino in modo tradizionale e quindi con prezzi non scontati a inizio stagione, è in forte calo perché vi sono ormai canali nei quali si possono trovare le stesse cose a prezzi molto più vantaggiosi, come gli outlet o le vendite online. Allora ci sarà futuro nell’abbigliamento solo per chi sconterà fortemente gli articoli?
Va da sé che se esiste qualcuno che vende in saldi è perché esiste qualcun altro che ha venduto, o vende ancora, lo stesso articolo a un prezzo di listino "normale", perché senza un riferimento di prezzo al pubblico di partenza non è possibile effettuare uno sconto, questo significa che o si salvaguarda il prezzo "normale" di partenza, per permettere al saldo di sopravvivere, oppure il listino in saldo prenderà il posto del prezzo "normale" riportando il confronto dei retailer su altri piani differenti dal prezzo come qualità, servizio, segmentazione, moda, ecc. ecc……ma perdendo molto, moltissimo margine, cosa che difficilmente permette di ottenere successi nella qualità o nel servizio di cui sopra. Vendite in saldo, contraffazioni e negozi tradizionali che ormai effettuano sconti (per sopravvivere) sin dalla prima uscita della nuova collezione stagionale non faranno che precipitare nel baratro il settore e, soprattutto, la qualità che nei capi d’abbigliamento era tipico vantaggio competitivo di molti produttori italiani.
Il protezionismo non paga ed è comunque di difficile attuazione in un mercato globale, ma i brand che si tuteleranno evitando di immettere nel mercato prodotti in svendita (a meno che non si tratti di pochi articoli di vecchie collezioni e con appeal molto basso per chi segue le tendenze) alla distanza si ritroveranno in vantaggio per valore percepito e appeal da parte di un consumatore che, ormai abituato a prezzi sempre saldati e quindi continuativamente bassi su tutti gli altri brand, tornerà a ricercare la qualità che, inevitabilmente la maggior parte dei produttori avranno nel frattempo perduto per il calo dei margini.
Questo è uno scenario ipotizzabile, almeno per una parte del mercato dell’abbigliamento, ma sappiamo che molte previsioni sul commercio negli scorsi 8 anni si sono rivelate spesso errate successivamente. Rimane il solo rammarico dato dal fatto che il manifatturiero italiano, nello scenario sopra descritto, si sarebbe trovato in vantaggio per contenuti e qualità rispetto altri produttori più orientati al prezzo, ma un po’ per scelte strategiche errate che hanno portato alla chiusura di molti e un po’ per lo shopping di multinazionali che hanno portato a cedere da parte di altri, ci ritroveremo a dover ripartire dalle vecchie scuole e competenze artigiane, ambito nel quale i governi nazionali e locali dovrebbero investire parecchio perché è da lì che, con l’inventiva italiana, può ripartire parte dell’economia.