Winter Card
Ottobre 2019. Rossella Sobrero, l’ideatrice del Salone della Corporate social sostenibility è ottimista: in agosto 180 Ceo americani hanno detto apertamente che bisogna integrare la sostenibilità economica con la sostenibilità ambientale. Sarebbe davvero un bel sogno: potrebbero proprio essere le multinazionali a prendere in mano la situazione e a dettare le linee di cambiamento a tutta la società.
Abbiamo dedicato due giorni del nostro tempo al Salone della CSR alla ricerca delle linee guida per questo benedetto cambiamento ma anche per ascoltare capire i segnali deboli.
La capacità di far parlare tutti o quasi al CSR diventa una opportunità, quindi c’è stato più di qualche caso di green washing o, per essere benevoli, di imprese che travisano il marketing con la sostenibilità. Nonostante questo (che fa un po’ parte del gioco) la mole di interventi, grandi e piccoli, è importante perché:
. contribuisce a diffondere i temi della CSR,
. con le case history le imprese possono confrontarsi su un terreno pratico,
. è una grande momento di hearing e di incontro fra persone molto lontane nel lavoro e nella vista privata.
Le parole chiave per una buona CSR
Le parole chiave scelte per guidare i lavori del Salone dalla Sobrero sono state poche e chiare:
. Passione, non interesse,
. Tracciabilità, innovazione e relazione,
. Condivisione, rendere partecipi,
. Collaborazione, rinunciare agli individualismi,
. Ispirazione, che porta all’azione,
. Socialità, diritti e doveri, bene e benessere per tutti,
. Contaminazione, guardare a tutte le esperienze,
. Comunità, è la sintesi perfetta.
Coinvolgere i fornitori
Andrea Piazzolla di Sofidel sceglie per illustrare il cambiamento il rapporto con i fornitori: “Per lavorare con loro bisogna adottare la tecnica del Nudge, della spintarella, se non vanno bene bisogna sostituirli”. E infatti Sofidel misura le performance dei fornitori e addirittura ha istituito un premio per premiare i migliori, Il Supplier sustainability award. “Bisogna essere più rigorosi, soprattutto nel mantenere, noi e i fornitori, i goal previsti dall’Onu”. L’83%, comunque, raggiunge oggi un alto grado di sostenibilità e la mappatura dei fornitori continua incessante per mantenere la reputazione di Sofidel intatta.
Francesco Mastrandrea, Presidente ANGA – Confagricoltura sottolinea che bisogna lavorare con tutta la filiera perché i consumatori si stanno rivelando dei portentosi ascoltatori in un’agricoltura, è bene rilevarlo, che non è più italiana ma europea.
La sensibilità dei consumatori sulla sostenibilità è relativa
L’istituto di ricerche Astarea ha condotto una ricerca su come viene vissuta la sostenibilità. Ecco i cluster rilevati e alcuni loro comportamenti:
. I coinvolti a 360°: sono il 24%. Chiedono alle aziende di impegnarsi a promuovere uno stile di vita salutare nel rispetto dei diritti e utilizzare fonti di energia rinnovabili. Devono supportare le comunità locali e la loro comunicazione deve essere orientata a veicolare il loro impegno nel sociale e verso l’ambiente. Reddito medio alto.
. Gli attenti fra non spreco e risparmio: sono il 21%. Coerentemente all’atteggiamento personale, giudicano essenziale l’utilizzo di materie prime riciclate e riciclabili, massima attenzione agli sprechi, al recupero scarti, alle emissioni di CO2. Reddito medio. 55-75 anni. Soprattutto donne.
. Gli individualisti possibilisti. Sono il 22%. Per loro gli aspetti essenziali delle aziende sono quelli legati al lavoro, sicurezza e crescita personale. Poi le materie prime e gli sprechi. Quindi più senso pratico che filosofico, meno attenti alle politiche nel sociale. Reddito medio basso. 55-75 anni.
. I distratti autoriferiti. Sono l’11%. Il più delle pratiche di sostenibilità sono giusto “desiderabili”, un po’ più di interesse per le attività legate al territorio. 35-45 anni. Soprattutto uomini.
. I refrattari. Sono il 23%. Coerentemente per loro ogni comportamento delle aziende, in ambito sostenibilità, è irrilevante. Reddito basso. 18-35 anni. Soprattutto uomini.
Il che fa dire nelle conclusioni a Laura Cantoni di Astarea:
. I giovani non sono tutti pro-attivi. È un impegno per tutti.
. Un forte legame cultura della sostenibilità e disponibilità agli acquisti sostenibili. Essenziale informare.
. Driver alla sostenibilità molto auto riferiti: un limite ma anche una opportunità.
La ricerca mostra che bisogna approfondire e superare i luoghi comuni. Diciamola tutta: la sensibilità alla sostenibilità è bassa. Lo stesso linguaggio usato per parlarne molte volte è edulcorato: non si può più parlare di cambiamento climatico tout court. I dati degli scienziati parlano di emergenza ambientale. È necessario ridurre in primis le emissioni di CO2. Ma al salone della CSR questa evoluzione ancora non si vede e non si sente.
Ci vuole informazione, educazione, convincerlo senza commerciare
Dice Susanna Bellandi, CSR chief di Sofidel che:
. Ci vuole verità e chiarezza nelle affermazioni,
. Credibilità di chi si espone,
. Sinergia con le altre attività dell’azienda (linee, dichiarazioni, prodotti),
. Bisogna puntare al primato della comunicazione,
. Bisogna educare il consumatore, sostenerlo nel percorso di comprensione … e non cercare di convincerlo commercialmente.
. La sostituzione della plastica con la carta in Regin, il 50% entro il 2030, va in questa direzione.
Questo è un passaggio chiave per non scivolare nel green washing.
I bilanci di sostenibilità sono zeppi di buone azioni rivolti a questo e quello, alle sponsorizzazioni delle squadre di calcio, ma non si va lontani con il green washing, il presidio del territorio è ben altro.
Cambio rotta, far parlare le aziende
Sempre Sofidel ha editato con Mondadori un interessante ricerca-libro incentrato sul far parlare le aziende, su che cosa stanno facendo. Sono cinque case history che dimostrano come una terza via sia possibile e bisogna agevolare le start up che si dedicano a questo passaggio come quelle evidenziate da Cambio Rotta, dalla traversina per i treni in plastica, all’orange fiber.
Le aziende devono indicare, nell’affrontare i temi della sostenibilità l’intenzione, lo scopo di quello che stanno facendo, promuovendo un beneficio comune da spalmare su tutta la filiera, fino al consumatore. E la tecnologia può aiutare tantissimo in questa esecuzione.
Recuperare, riciclare, riusare
Esemplare l’esempio di P&G con Pampers e il riciclo dei pannolini e degli assorbenti. Riciclo ma anche riuso delle materie prime scomposte. Da notare che l’impianto della P&G di Treviso è attivo dal 2017 e tratta tutti i brand della stesse categorie merceologiche. In questo modo l’Industria di marca si fa carico del fine vita del prodotto e fa vincere l’ambiente e il cittadino, oltrechè il brand. Dice Roberto Calvi, Pr di P&G che “Oltretutto la cellulosa recuperata è migliore di quella nuova”.
Qualità sostenibile
Il termine Qualità sostenibile è utilizzato da Luciano Pirovano, direttore della CSR di Bolton, per dire che bisogna imboccare la Giusta Rotta e produrre, appunto Qualità sostenibile. Rispettando l’equilibrio dell’ecosistema marino, proprio perché il brand Rio Mare lavora nelle conserve ittiche. E nel contempo, come fa Bolton riducendo l’impatto ambientale dei processi produttivi mantenendo alta l’efficienza. Garantendo altresì anche il rispetto dei lavoratori e la sicurezza massima del prodotto finito. In questo modo il 52,4% del tonno Rio Mare proviene da fonti sostenibili. La tracciabilità lungo tutta la filiera è massima. In questo modo Bolton producendo 3,5 mio di confezioni al giorno, riesce a ridurre del 20% la CO2, del 10% i consumi di acqua con un tasso del 99 di riciclo e recupero dei rifiuti. Vedete un po’ voi se riuscite a tenergli testa.
I temi al Green Retail Forum: si può fare ma la filiera deve parlarsi
Al Green Retail Forum, purtroppo, uno dei grandi problemi ad essere osservato è quello della filiera: gli attori non si parlano. Eppure basterebbe poco.
Lo sa bene Andrea Tempesta con il suo Never ending display che ha progettato un quarto di pallet per gli espositori molto facile da montare e da smontare per avviarlo poi nelle aree di recupero legno e cartone. O Andrea Giovine che ritira le eccedenze di pane dai panettieri della Val Varaita nel cuneese e le trasforma in birra, Biova, un progetto già abbracciato dalla Coop che ha aggiunto il suo brand a quello del progetto.
GS1 è sempre stato attivo sul fronte della sostenibilità nella logistica, anche se chiamava i suoi progetti in un altro modo. Sta per lanciare la misurazione della circolarità delle aziende associate: una soluzione che dovrebbe mettere a tacere anche gli scettici sulla bontà delle iniziative intraprese. Il cruscotto ideato sarà semplice da usare e soprattutto con l’indicatore principe garantito.
Avverte il vice-presidente di Plef, Paolo Ricotti: l’identità di marca delle aziende deve darsi uno scopo superiore nel parlare di sostenibilità. Aggiunge Roberto Giacomelli,di Ernst&Young: bisogna aggiungere alle buone pratiche di sostenibilità anche l’etica e avendo il coraggio di parlare di lungo, non di breve di periodo, di pianificazione e di governance efficace. Ricostruendo e cercando il Senso per fare davvero share value, costruzione del valore.
Il giudizio di RetailWatch
Scusate le osservazioni:
. L’atmosfera dei due saloni è ottima, quasi scherzosa, addirittura ottimista. Va benissimo: basta che si dicano parole di verità e si controlli bene che non ci siano casi di green washing.
. Sarebbe interessante ascoltare nelle prossime edizioni i casi di filiera in modo che la case history sia completa davvero e faccia capire all’uditorio problemi e soluzioni.
Musica da ascoltare per questo articoli: Antonio Vivaldi, L’Estate in Le Quattro Stagioni