Saving mr Banks: il bambino che c’è in noi

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Saving mr Banks: il bambino che c’è in noi

“Le delusioni sono per l’anima ciò che il temporale è per l’aria.” (P.L. Travers)

‘Mary Poppins’ e’ uno di quei film che non necessita di presentazioni. Lo conosciamo tutti fin troppo bene. Lo avete fatto conoscere ai vostri figli, molti lo hanno ricevuto in dono qualche Natale fa.
 
E’ un film davvero eccezionale nell’ottica contemporanea. Non del tutto un musical, non completamente un film, assolutamente non un cartone. Giusto rivoluzione allo stato puro. Uno strappo netto nel Cinema come lo si conosceva allora, per aprire nuovissime frontiere che ci avrebbero portato a incontrare quella stessa Settima Arte come la conosciamo oggi. Ricca di contraddizioni, di miscellanei generi e stili che rendono le pellicole di sempre uniche ed irripetibili.
 
Non un film per adulti, ma neanche esclusivamente per bimbi. Effetto Beatles? Mary Poppins e’ in effetti la versione cinematografica dei ‘Fab Four’ di Liverpool. Adorati dai giovani, amati dai “vecchi”. O quantomeno tollerati.
E’ il caso della sua autrice, Pamela Lyndon Travers (Emma Thompson), che nel 1961 incontra Mr Walt Disney (Tom Hanks) che la ha contattata per ispirare un nuovo film dal suo libro "Mary Poppins" (romanzo del 1934), appunto.
La piu’ conservativa e imperiale Gran Bretagna sbarca di fronte ai cancelli fatati di Disneyland. Ma lo stile kitch del paese "dove I sogni diventano realta’" non la colpiscono, anzi, la disgustano addirittura un poco. La tradizione incontra l’innovazione in questa pellicola di John Lee Hancock. Che fatica ogni minima modifica per il suo gusto impeccabilmente british.
E i sogni? E il bambino che riposa dentro tutti noi? Quello che vuole l’impossibile e vorrebbe fare I mestieri piu’ improbabili? Dove sono finiti tutti quegli astronauti ed esploratori? A che punto della vita si son persi?
E’ quello che si chiede il vecchio Walt, che questo film lo vorrebbe solo per far contente le proprie bimbe.
 
Io personalmente ricordo Mary Poppins come il primo film della mia vita. Lo avevo rifiutato con disprezzo, scoperto che si trattava di "un film per grandi" (dal momento che non era un cartone). L’ho guardato solo dopo qualche settimana, quando i miei erano al lavoro, e da allora e’ diventato il mio film preferito. So di non buttarla prettamente sul personale se dico che ho ancora oggi i brividi quando arriva la scena della ninna nanna o quella dell’aquilone.
 
Un film, questa volta piu’ che mai, per tutti. Non e’ un capolavoro. Non vi cambiera’ la vita. Passerete una bella serata al cinema. Niente di piu’. Non e’ questo che conta? Di fronte a tanta paccottiglia, film come questo sono un’autentica benedizione per chi vuole passare un venerdi sera in tranquillita’. Sentendosi un po’ bimbo o forse rendendosi conto di non essere mai realmente cresciuto. Con incredibilmente poca retorica e una fitta narrazione. Gli ingredienti di questo film rimangono essenziali e funzionali allo svolgimento della vicenda. Che e’ la vicenda dell’amore e del crescere. Che quindi tratta della vita. Di cio’ che comincia e si evolve e muta, volto senza mai guardarsi alle spalle.
Raramente titolo fu piu’ azzeccato con sapienza e intelligenza. Salvare il Mr Banks che si era smarrito nella burocrazia in bianco e nero e ritrovare I colori del proprio presente e futuro.

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