Scenari di mercato e sfide commerciali

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Scenari di mercato e sfide commerciali

Settembre 2012. Questo articolo è un sunto della relazione presentata all’ultima convention Sisa.

La ricerca ha analizzato tre diversi elementi del mercato della distribuzione individuando le caratteristiche attuali e alcuni strumenti di miglioramento delle performance:

TREND DELLA DISTRIBUZIONE ASSOCIATA
Questa crisi ha messo in discussione alcune previsioni che erano state fatte all’inizio degli anni 2000, quando in particolare ci si confrontava con due scenari.

•    Il primo scenario diceva che nei successivi 10 anni la distribuzione italiana sarebbe stata colonizzata dai grandi gruppi internazionali, tanto che l’ipotesi forte era che la distribuzione associata avrebbe perso posizioni e quote di mercato. In effetti, all’inizio degli anni 2000 era stato rilevato uno scenario di quel tipo, dove alcune imprese della DO avevano ridimensionato il loro peso e avevano cominciato a vendere una parte delle loro aziende ai gruppi internazionali.
A partire dal 2008 in avanti però si è presentato uno scenario esattamente opposto a quello che era stato previsto. In particolare sta emergendo una rinascita della DO una crescita della quota di mercato dei gruppi associativi, mentre si registra un calo della quota di mercato della distribuzione internazionale.
Ciò è dovuto principalmente alla grande flessibilità di mercato che i gruppi della DO hanno saputo dimostrare rispetto ai gruppi della GD, soprattutto con riferimento ai mercati locali. Sempre di più, in questa situazione di crisi, i rapporti con i consumatori finali sono diventati la vera fonte del vantaggio competitivo dell’impresa commerciale. Questi rapporti si gestiscono nei mercati territoriali e non vi è dubbio che chi tende a presidiare più da vicino questi mercati territoriali ha un vantaggio competitivo rispetto a chi guarda ai mercati locali più da lontano, magari prendendo una decisione con riferimento a quei mercati territoriali da Milano o da Parigi.
In questi anni si è consolidata la crisi delle grandissime superfici di vendita.

•    Ma soprattutto, negli ultimi tre anni nel dibattito sullo sviluppo della distribuzione commerciale si è sancita una crisi della formula ipermercato. Anche in questo caso, 10 anni si facevano previsioni completamente diverse. 10 anni fa le quote di mercato degli ipermercati era intorno al 14,5% e alcune previsioni dicevano che al 2010 questa quota sarebbe cresciuta al 30%. Ebbene, oggi la quota di mercato è intorno al 16%, nonostante le decine e decine di nuove aperture di ipermercati che sono state fatte negli ultimi 10 anni.
E’ una crisi che non riguarda solo l’Italia, ma è europea. I grandi gruppi che hanno il loro core business focalizzato principalmente sugli ipermercati stanno diversificando il loro portafoglio pdv andando ad acquisire o ad aprire pdv di medie dimensioni, a seguito dell’evoluzione dei modelli di consumo. Dietro a queste tendenze c’è sempre il consumatore, arbitro dei processi commerciali. I consumatori hanno domandato sempre di più pdv di prossimità, supermercati di medie dimensioni rispetto alle grandi superfici di vendita.

E’ interessante vedere come è cambiato il comportamento d’acquisto dei consumatori in questi anni di crisi: i consumatori frequentano maggiormente i pdv, stoccano di meno i prodotti,  acquistano di più in funzione dei bisogni quotidiani di spesa e quindi tendono a frequentare di meno le grandi superfici di vendita dove spesso la spesa era di stoccaggio quindicinale o al meglio settimanale.
A conferma di questo trend il fatto che i produttori di marca sono orientati a valutare con più attenzione gli investimenti sui diversi canali di vendita. E’ interessante vedere il rapporto tra quota di vendita che l’industria realizza con i diversi pdv e la quota di investimenti che l’industria fa sui diversi pdv. L’indice di efficacia da noi calcolato ci permette di capire che per ogni euro investito sugli ipermercati oggi il ritorno è di 0,59 euro, con una contropartita che non è adeguata rispetto al livello degli investimenti,  mentre con riferimento ai negozi di prossimità e ai superette per ogni euro investito c’è un ritorno di 1,45 euro.

L’ evoluzione delle diverse tipologie di punti di vendita ha portato però anche al miglioramento della posizione di mercato del discount, soprattutto in alcune aree e in particolare al Sud.
In realtà il discount sta crescendo soprattutto perché apre dei nuovi punti di vendita (più di 1000 in tre anni). A parità di rete la produttività del discount non è cosi alta come indicato dalle previsioni di 3-4 anni fa. In realtà il discount ha migliorato la sua quota di mercato in misura inferiore rispetto alle aspettative. Anche a causa della reazione della DO (maggiore attività promozionale, inserimento di primi prezzi).
In ogni caso la percentuale di consumatori che in questi ultimi anni hanno cominciato a frequentare abitualmente il discount è aumentata passando dal 15% a quasi il 21%. Ma soprattutto il discount sta crescendo anche nell’area dei prodotti freschi.
Positivo quindi l’inserimento di primi prezzi nei punti vendita per reagire al discount, ma è importante non esagerare perchè in alcune categorie (prodotti freschi) il consumatore domanda e pretende ancora la qualità.

POLITICHE ASSORTIMENTALI
I distributori più dinamici, quelli che stanno ottenendo performance migliori, hanno incominciato a ristrutturare i propri assortimenti commerciali. L’assortimento è la principale leva di marketing perché attraverso l’assortimento vengono offerte alternative di scelta al consumatore, che può concentrare gli acquisti in un’unica spedizione di spesa. Non vi è dubbio che l’assortimento è la principale leva di marketing del pdv. Sbagliare assortimenti o comunicare in maniera scorretta gli assortimenti significa compromettere la fedeltà dei consumatori agli stessi pdv.
Le imprese più dinamiche stanno razionalizzando e ristrutturando gli assortimenti, puntando a aumentare il numero di prodotti a marchio commerciale, stanno eliminando le referenze a più bassa rotazione, stanno eliminando alcune marche follower, soprattutto quelle che non sono distintive negli assortimenti, che non hanno un ruolo di marketing negli assortimenti, che non hanno tipicità locale e connotazione locale. Stanno inserendo un maggior numero di prodotti cosiddetti “in esclusiva”, perché attraverso i prodotti in esclusiva si differenziano gli assortimenti e alla fine si cerca di uscire un po’ dalla concorrenza di prezzo tutelando maggiormente i margini. Quando i pdv hanno prodotti che i pdv concorrenti non hanno diventa più difficile il confronto sulla convenienza dei pdv per quelle categorie di prodotto. E c’è la tendenza a ridurre anche la parte dei prodotti nonfood.

In merito a questo fenomeno sorgono però due problematiche:
•    La prima riguarda la marca privata, che da tre anni a questa parte, in coincidenza con la crisi economica, è l’isola felice della GDO, con un tasso di crescita particolarmente positivo. Addirittura nei primi 5 mesi del 2012 (i dati sono aggiornati al giugno 2012) è stato registrato un incremento del +6,2% come media del mercato. Ci sono delle insegne che hanno investito in modo particolare sulla marca privata che stanno facendo anche +12-13% del mercato, con una quota di mercato che è cresciuta significativamente negli ultimi anni. Siamo ormai al 17,5% nella media del mercato. Questo è un fatto interessante e rilevante su cui fare delle considerazioni perché tra l’altro il marchio insegna assume il ruolo del marchio in esclusiva e quindi permette ulteriormente di differenziare gli assortimenti rispetto ai concorrenti. Normalmente tutti i distributori stanno lanciando la loro marca commerciale però spesso, almeno in questa fase, le marche commerciali non sono in concorrenza tra di loro perché hanno dei posizionamenti cosiddetti “distintivi di marca” che li rendono esclusivi per le insegne che trattano questi marchi.

•    Secondo. Il processo di razionalizzazione degli assortimenti commerciali è dovuto alla necessità di trovare spazio per la marca privata ma anche per altre due ragioni importanti.
Una ragione economica, poichè l’analisi delle curve di concentrazione delle vendite nei pdv Sisa fa osservare come negli ultimi anni sia cresciuto sempre di più il peso dei principali prodotti nelle vendite complessive dei pdv, dove i primi 20 codici prodotti rappresentano ormai mediamente l’88% delle vendite complessive di un supermercato.
La seconda ragione è che il consumatore, sempre di più, quando valuta la completezza degli assortimenti, quando considera gli assortimenti e cerca di capire se quegli assortimenti soddisfano i suoi bisogni, fa riferimento ad alcuni criteri e ad alcune categorie.
In particolare i criteri sono:
o    la varietà di scelta dei prodotti freschi;
o    la presenza di tutte le fasce prezzo;
o    la presenza del marchio più noto in pubblicità.

In conclusione bisogna razionalizzare gli assortimenti tenendo conto di mixare queste considerazioni perché ovviamente sulle categorie che sono più elencate bisogna avere codici molto profondi e molto articolati.
Su altre categorie di prodotto credo ci sia spazio per fare delle razionalizzazioni senza penalizzare il livello di servizio che si da al consumatore.
Non necessariamente lo sviluppo della marca privata porta a una riduzione delle marche note. Anzi, in molte situazioni entrambe le tipologie di marchio oggi tendono a crescere a scapito di marche che non hanno posizionamento.

LA CONVENIENZA
Non vi è dubbio che in questa situazione di crisi il tema della convenienza abbia scalato la classifica dei bisogni del consumatore. Nonostante la crisi economica però, il consumatore non è disposto a rinunciare alla qualità. In questo momento quello che si sta rilevando nei modelli di consumo è che stanno calando le quantità ma non l’attenzione alla qualità, soprattutto in riferimento ad alcune di categorie di prodotto.
Questo significa che oltre a razionalizzare gli assortimenti, bisogna anche gestire più correttamente la leva della convenienza.

Quando un consumatore definisce la convenienza:
1.    non fa assolutamente riferimento al livello assoluto dei prezzi dei prodotti;
2.    nel tempo tende a cambiare il modo in cui definisce il concetto di convenienza.

Nell’ultimo triennio le variabili chiave che il consumatore ha considerato per valutare la convenienza sono state:
•    il rapporto prezzo/qualità (quando il consumatore percepisce la qualità è disposto a pagare di più);
•    la vicinanza/comodità del pdv (perché nel conto economico del consumatore non c’è solo il livello di convenienza offerto dal pdv ma ci sono anche i costi che deve sostenere per visitare il pdv. Il fatto che il pdv sia vicino al luogo di lavoro o all’abitazione comporta un risparmio di tempo e di costo di trasferimento);
•    il prezzo dei prodotti freschi.

Parlare di convenienza non significa assolutamente proporre i prodotti con il prezzo più basso in assoluto. Le insegne che stanno andando meglio non sono solo le imprese che hanno i prezzi più bassi, ma sono anche le insegne che sanno comunicare meglio delle altre la convenienza.
La concorrenza non è più tra pdv o tra prodotti a marchio. La concorrenza è tra le percezioni dei consumatori. Conta molto come si comunica al consumatore perché la comunicazione condiziona le percezioni.

In questa situazione un ruolo centrale è assunto dallo strumento del volantino promozionale, il mezzo di comunicazione al quale il consumatore riserva più attenzione. E’ interessante vedere come questa attenzione è trasversale alle diverse categorie di consumatori, al contrario della televisione che interessa più alcuni segmenti piuttosto che altri.
Anche l’industria sta investendo sempre di più nel volantino, e in questi anni di crisi il volantino è diventato un mezzo di comunicazione importante. Il 37% delle vendite dell’industria viene realizzato con la presenza nel volantino promozionale, anche per marchi importantissimi.

CONCLUSIONI
Bisogna focalizzare l’attenzione su alcune parole chiave che sintetizzano le misure da attuare per reagire alla crisi:
•    La visione. Bisogna capire cosa si vuole essere nel prossimo futuro. Non si può improvvisare. Alla fine chi pianifica delle strategie e le sviluppa con coerenza, è anche chi ottiene dei risultati;
•    La fiducia. Il sentimento che spinge le persone ad affrontare con forza le sfide che sembrano impossibili;
•    La passione. La dove c’è passione c’è anche eccellenza. La passione permette di superare le sconfitte;
•    La coesione. Una parola chiave per un gruppo associativo come Sisa. Non è possibile affrontare le sfide del futuro divisi;
•    L’Innovazione. Non significa solo innovazione di prodotto o dei pdv. Significa anche innovazione di comportamenti, significa anche pensare delle promozioni diverse rispetto a quelle del passato, significa pensare di coinvolgere i propri collaboratori in maniera diversa, significa incominciare a mettere le mani sugli assortimenti con più coraggio;
•    Il coraggio.

Daniele Fornari, Cermes – Università Bocconi

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