Settembre 2019. I libri sul retail non sono poi molti. Se lo scrive un professore universitario i riferimenti oggettivi e le case history sono poche, è invece potente la teoria, ma è giusto che sia così. Se lo scrive un manager gli aneddoti non mancano, ma sono sempre legati alla sua attività, alle categorie merceologiche dove ha lavorato.
Davide Cavalieri è un imprenditore della consulenza e della formazione, la sua esperienza, lunga esperienza, lo ha portato in molti settori, in aziende grandi e piccole, nazionali e internazionali. Cosicchè il libro che ha scritto (Un desiderio chiamato retail, l’Artistica Editore, 19 euro) è qualcosa di diverso, diciamo una lunga riflessione a cavallo della costruzione del negozio, della sua implementazione e, soprattutto, della sua manutenzione, vista, come riferito dal lato della consulenza e della formazione.
Nella dedica dice che sono stato, inconsapevolmente, l’iniziatore del lungo viaggio nel retail. Del suo viaggio nel retail. L’affermazione è un po’ complessa e non serve troppo spiegarla. Diciamo che, come per molti manager, mi sono messo a disposizione per interpretare alcuni passaggi del retail. In quell’epoca Davide aveva ancora i pantaloni corti, ma tanta voglia di capire e tanta voglia di studiare.
Perché il suo contributo è interessante?
. Perché arriva da un imprenditore,
. Perché non è nozionistico,
. Perché parla della sua esperienza,
. Perché tocca temi delicati.
Prendiamone uno, quello dello dei bisogni.
Dice Cavalieri che viviamo in una società drogata di velocità, non drogata dalla velocità, le preposizioni sono importantissime. E il bisogno, in questa società, è centrale, il problema è capirlo per primi e soddisfarlo, avendo a disposizione un tempo sempre più minore. Capire questa affermazione, soprattutto nell’epoca del digital retail è fondamentale. E per giunta il tempo del retail ha implicazioni diverse da quelle del consumatore, non è neppure un tempo parallelo, e Cavalieri fa bene a sottolinearlo. Il tempo, accelerato o lento, saraà la chiave di qualsiasi esperimento di retail, fisico, di lungo o breve periodo, virtuale o omnicanale che sia. Bisognerebbe metterlo in cima a uno schema di valutazione durante una visita a un supermercato o a un negozio di bricolage o a un sito on line di abbigliamento.
Prendiamo un altro passaggio chiave del libro di Cavalieri, l’ascolto.
Dice Davide che prima bisogna ascoltare, poi agire. Il problema è che questo lo fanno in pochi. E quando lo fanno, non lo fanno: si affidano a ricerche di mercato frettolose, focus group contagiati, leaflet messi nei punti di vendita o sul sito ai quali nessuno risponde. Eppure l’ascolto è indispensabile. Nel mio piccolo passo anche un’ora alla reception o alle casse di un nuovo negozio per capire cosa dicono le persone. Cosa dicono i clienti? Sono messaggi da decodificare perché inficiati dalla personalizzazione o da arrabbiature per un prodotto difettoso. Ma per un professionista è un giacimento di informazioni e di marketing. Il cliente in genere non protesta, torna a casa guarda l’acquisto e se non è contento mette una croce su quel brand e non ci sarà modo di ricontattarlo in futuro.
Cavalieri individua tre tipi di ascolto: aperto, assertivo, attico. E conia le 3 A dell’ascolto, sviluppandole e commentandole. Ma per lui l’ascolto è un’arte. Consiglio vivamente di leggere questo capitolo perché l’ascolto, insieme al personale e alla sua formazione, sono la chiave di volta del retail multicanale, insieme alle nuove tecnologie.
È un libro per riflettere, che fa riflettere.