Temu è l’ennesimo player che “punzecchia” Amazon (e non solo), offrendo prodotti di tante e varie merceologie a prezzi molto competitivi. Vediamo cosa pensano gli italiani del futuro delle piattaforme online e come Temu si inserisce nel quadro competitivo odierno.
L’avanzata di modelli commerciali che puntano ad offrire ai propri clienti prezzi vantaggiosi continuativi è inesorabile. Lo abbiamo visto anche monitorando le crescite del comparto discount nel mondo grocery.
Tali modelli si innestano in un contesto, quello italiano, in cui il potere di spesa dei clienti si riduce, falcidiato da inflazione, stagnazione o decremento della popolazione, delocalizzazione delle produzioni (manufacturing crisis) e dei giovani talenti (fuga dei cervelli). Insomma, tutti elementi che, a conti fatti, generano la necessità di risparmiare, possibilmente senza intaccare il livello qualitativo dei prodotti che si acquistano.
Prima di parlare di Temu, però, presentiamo un sondaggio effettuato dall’Istituto Piepoli usando la metodologia CATI/CAWI che riguarda un totale di 1000 interviste. I consumatori oggetto del sondaggio hanno detto di aver comprato online almeno una volta negli scorsi 6 mesi (data report: giugno 2024).
Se è vero che i sondaggi, in alcuni casi, possono essere fuorvianti in quanto non sempre ciò che viene dichiarato è anche il comportamento utilizzato all’atto dell’acquisto, è anche vero che costituiscono un’ottima base di partenza per osservare le dinamiche di mercato.
Cosa ci racconta l’Istituto Piepoli
Primo dato interessante: il 57% degli intervistati realizza almeno la metà dei propri acquisti online (escluso cibo e beni di alto valore economico).
Da notare che il 21% addirittura compra più della metà degli articoli no food tramite la rete.
In un altro articolo (qui) abbiamo parlato di come Walmart comunichi le offerte ai propri clienti. Per il 57% degli intervistati, è molto utile ricevere le notifiche delle offerte (il dato sale al 64% per chi utilizza la piattaforma Temu).
Nei 12 mesi prima del sondaggio, oltre il 50% degli intervistati ha dedicato alle spese online un importo compreso tra i 201 e i 1000 euro. La media, per coloro che utilizzano la piattaforma Temu, è di 609€ (vs 552€ di media generale).
Ovviamente, in un contesto inflattivo, la maggioranza degli intervistati (il 92%) risparmia scegliendo marchi generici al posto di brand affermati.
Per il 33% del campione, il prezzo svolge un ruolo determinante nelle scelte di acquisto. A tale dato si aggiunge un ulteriore 58% che ritiene questo elemento comunque importante.
Le ultime quattro slide (qui sopra) ci comunicano qualche dato interessante:
- Nel mondo di oggi, dove l’eCommerce è largamente sdoganato, ormai i consumatori si fidano abbastanza della qualità dei prodotti acquistati online.
- Esiste una forte predisposizione a comprare online praticamente tutte le categorie del mondo no food.
- C’è la tendenza a pensare che, online, si ottengano sconti maggiori rispetto a quanto avviene in negozio.
- Amazon rimane il primo “punto di approdo” per i consumatori che acquistano online ma…quanto durerà?
Detto ciò e con tale quadro in mente vediamo
Cosa ci ha detto TEMU
All’interno di questo articolo commenteremo degli estratti di un lavoro svolto per Temu dal CEBR (Center for Economics and Business Research).
Tutto lo studio si basa sul paragone tra due modelli, ovvero:
- DDC (Direct Distribution Channel): In tale modello, il cliente ha praticamente un filo diretto con il produttore e, dunque, i passaggi intermedi (con i relativi costi associati) vengono eliminati.
- IDC (Indirect Distribution Channel): In questo caso, invece, aumentano gli intermediari (es. grossisti, retailer fisici etc.) tra il consumatore ed il produttore.
Temu viene fatto ricadere nella prima categoria, seppure gli articoli non partano direttamente dal magazzino del produttore ma vengano stoccati (e consegnati) dai centri logistici dell’azienda.
Il motivo di tale catalogazione nella sezione DDC risiede nel fatto che Temu si considera un fornitore di servizi (prevalentemente logistici e di marketing) per il produttore. L’azienda, infatti, oltre a consegnare gli articoli ne condivide gli analytics di vendita con i produttori, così come il feedback generato dai clienti.
Insomma, si tratta di un modello ibrido che, a fini analitici, viene equiparato ad un DDC.
L’indagine è relativa al Regno Unito (UK). In tale Paese, comprando da piattaforme come Temu (DDC), un consumatore può risparmiare mediamente 2961£ l’anno.
Come abbiamo detto, Temu si considera un DDC. Qui il paragone è tra i prezzi di tale modello e quelli applicati da piattaforme IDC (Indirect Distribution Channel).
In sostanza, acquistare presso un DDC come Temu può far risparmiare in media (dato UK) il 46% circa (247£ al mese).
Cosa importante da tenere a mente, poi, è che Temu offre la consegna gratuita su un vastissimo range di articoli. Sopra ho inserito alcune immagini prese direttamente dal sito dell’azienda.
Temu accoglie l’Italia
Temu ha ufficialmente aperto il proprio marketplace ai commercianti italiani, permettendo alle imprese locali di vendere direttamente sulla sua piattaforma.
Questa iniziativa consente alle imprese del nostro Paese di vendere i propri prodotti non solo ai clienti italiani ma anche tedeschi, francesi e spagnoli.
Le soluzioni di stoccaggio che offre Temu consentono ai produttori italiani di realizzare consegna rapide (fino ad un giorno lavorativo per alcuni prodotti).
Temu ha condiviso l’indirizzo mail merchandise@temu.com per qualunque azienda fosse interessata a vendere sulla piattaforma.
Anche in questo caso, monitoreremo con interesse gli avanzamenti di Temu nel nostro Paese e, più in generale, in Europa.