Tirelli-Popai: non si comparano i prezzi ma i prodotti

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Tirelli-Popai: non si comparano i prezzi ma i prodotti

Gennaio 2014. Daniele Tirelli, presidente di Popai, ha recentemente scritto con Loris un interessante pamphlet intitolato: “Dell’impossibilità di dimostrare a priori la maggior convenienza di prezzo di un’insegna della distribuzione”. A parte il titolo, vagamente illuministico, i contenuti non potevano essere che provocatori. Siccome noi di RetailWatch badiamo al sodo, andiamo subito alle sue conclusioni:

“… gli shopper ricordano i prezzi in modo impreciso. Questo fenomeno psicologico implica che, all’interno di un supermercato, essi possano stimare erroneamente i prezzi dei prodotti e, al termine degli acquisti, confondere i prezzi
tra loro. In psicologia, peraltro, si dibatte ancora sulla distinzione tra ricordo e conoscenza. Si tratta, in sintesi, di concetti distinti. Nella mente di uno shopper i ricordi dei prezzi possono confondersi o tornare alla mente in modo nebuloso. Il ricordo della qualità però è più forte di quello del prezzo. Si consideri inoltre che il numero di referenze presenti all’interno di un supermercato é molto elevato e che la possibilità di confusione tra i prezzi pi mutevoli, ovvero quelli dei prodotti deperibili è notevole .
Ogni retailer peraltro è consapevole dell’importanza della qualità dei prodotti deperibili, apprezzati dalla propria clientela. Se i prodotti confezionati hanno la caratteristica della serialità, cioè si presentano immutabili nel tempo e nello spazio, i prodotti deperibili, come carne, pesce, formaggi, ecc. dipendono fortemente dalla stagionalità, dalla provenienza, dalla freschezza, dalla preparazione. Dunque il rapporto prezzo-valore varia enormemente nella mente e nel ricordo di ogni singolo cliente.

Che senso ha allora paragonare, come mostra la tabella di The Grocer, il prezzo
delle prugne, dei broccoli, del chorizo e del prosciutto delle varie insegne?

Nessuno!

In conclusione, anche senza matematizzare i concetti esposti, si comprende che la componente dei prodotti freschi e deperibili gioca un ruolo ancora più importante dei fattori trattati in precedenza nel determinare la natura puramente soggettiva (di ogni cliente) del concetto di convenienza di prezzo e, quindi, la scelta dell’insegna da frequentare”.

Condividiamo appieno queste conclusioni. Quando il cliente fa la spesa, soprattutto se la fa quotidianamente, compra prodotti freschi (carne, pesce, ortofrutta, pane) e non prodotti confezionati. Il concetto di prodotti freschi è il driver che guida l’acquisto, il prezzo, sia dei freschi, sia dei confezionati arriva in second’ordine.

Il problema, allora, è l’imponente campagna di comunicazione e di promozioni (ricordiamo che la pressione promozionale è ormai al 28%) di tutte le insegne della GD, basata per lo più sui prodotti confezionati, di marca e di store brand. I volantini e il loro investimento miliardario appaiono un mezzo costruito male, anzi malissimo, visto che molti consumatori lo utilizzano come lista della spesa e di comparazione dei prezzi con altre insegne.

I valori in campo spiegano anche che il forte orientamento al prezzo è frutto di insegne-imprese costruite intorno alla funzione degli acquisti, non delle vendite. Che acquistare sia importante è ovvio, ma oggi è oltremodo importante vendere, e cioè cogliere i veri atteggiamenti di acquisto e di consumo delle persone. Rimettere al centro dei processi aziendali la vendita significa anche, come sottolineato da Daniele e Loris Tirelli, costruire in modo diverso i negozi e l’intera offerta. Orientati al fresco in primis e poi ai secchi. E non il contrario.

Chi volesse il pamphlet dei Tirelli può richiederlo a danieletirelli@msn.com

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