Trade experience (ma non per Ikea)
Dicembre 2013. E’ l’usato, bellezza!.
Nell’anno in cui Amazon scalza WalMart dai powerpoint italiani vale la pena ricordare che eBay è ancora il più grande marketplace del mondo occidentale ($ 75 mld contro $ 61.09 mld di Amazon). Solo in Italia, il valore dell’elettronica di consumo negoziato su eBay è pari a quello realizzato dall’intero canale ecommerce. E allora perché nessuno parla di eBay? Perché su eBay si vende “roba usata”.
Come ne “Il fantasma della libertà” di Luis Buñuel, al desco del marketing le persone ben educate discettano di incontinenza e disquisiscono di stipsi, a giudicare dalla numerosità didal contenuto degli spot in onda all’ora di cena. Tuttavia è sempre di cattivo gusto parlare di merce usata!
Cosa c’è alla base di questa ritrosia tutta italiana? È il frutto di una mentalità provinciale considerare il mercato dell’usato come in contrapposizione al consumismo. Osserviamo la realtà.
A Londra, i mercatini di Portobello e Notting Hill sono una delle tappe obbligate dello shopping in una delle sue capitali mondiali insieme ad Harrods e Savile Row. Negli USA, le garage sale, esporre in giardino le proprie cianfrusaglie, sono tipici del paesaggio suburbano. eBay nasce e prospera nel momento di massima espansione del consumismo mondiale, gli anni ’90, grazie al credito al consumo molto permissivo. Potremmo dire che il mercato dell’usato rappresenta l’evoluzione del consumismo.
Il retail dell’usato – se il cliente è anche fornitore
Perciò se vediamo crescere il numero de i negozi dell’usato la ragione non è la crisi economica ma l’evoluzione dei comportamenti di consumo e l’affermarsi di un modello di business ispirato a eBay.
Infatti, i negozi di usato che adottano il modello tradizionale, quello del rigattiere che recupera o compra merce per poi rivenderla, non sono cresciuti nemmeno in questo momento di crisi, sebbene garantiscano un ricavo certo e immediato. I nuovi negozi dell’usato che stanno prosperando si ispirano ad eBay: non comprano la merce, la gestiscono in conto vendita, la espongono nei propri spazi in cambio di una percentuale sul prezzo realizzato. Sono piattaforme fisiche mentre eBay è una piattaforma tecnologica.
La maggiore leva del successo di questa formula è la sua dimensione ludica. Come era già accaduto in passato con le aste di eBay. Il ricavato dalla vendita di un oggetto di consumo (che secondo la teoria economica è per definizione senza valore residuo) viene vissuto come una vincita alla lotteria: è gratificante e percepito come qualcosa di fuori dall’ordinario quasi sempre non viene risparmiato ma al contrario viene speso di nuovo.
In Italia ad aver colto questa opportunità di business e averla trasformata in una realtà significativa sono stati i franchisor Mercatopoli con oltre 100 negozi affiliati e Mercatino con oltre 160 negozi affiliati.
Buona parte dei loro negozi sono specializzati nell’abbigliamento e nel casalingo con qualche escursione nell’arredo.
I vantaggi di questa formula sono 3:
1. Il retailer non ha immobilizzazione finanziaria nello stock;
2. il cliente che spesso fornisce la merce cambia il modo di vedere il prodotto usato;
3. l’ampiezza e ritmo di rinnovamento dell’assortimento può competere con quello leggendario di Zara.
Il risultato è che il cliente visita spesso il negozio e compra, sia a valore che a volume, più di quanto fornisce.
Dalla shopping experience alla trade experience
I Retailer che da anni parlano di shopping experience, di emozionare il cliente, si sono inventati costose raccolte punti, hanno organizzato tristi giochetti (gamification) e hanno spettacolarizzato la merce, finora non hanno ottenuto risultati, come dire, straordinari.
I Retailer come i Vendor, non vogliono interagire con i propri clienti, vogliono spettatori passivi, la cui unica forma di partecipazione ammessa è l’acquisto.
Avrebbero qualcosa da imparare dal modo in cui i clienti si divertono fuori dai loro negozi di merce nuova e scintillante.
Quale gioco è connaturato alla natura umana più dello scambio, da quello delle figurine in poi? (Ci sarebbe il calcio, ma ne parleremo in un’altra occasione). Ecco queste catene danno la possibilità di non essere solo dei consumatori passivi, di poter fare solo shopping. Tra i clienti di questi negozi ci sono di certo solo coloro che comprano solamente oppure quelli che vendono ma la gran parte dei clienti vendono e comprano: fanno trading.
La trade experience dei negozi dell’usato ci dice come coinvolgere il cliente, su come fidelizzarlo in modo chiaro e trasparente, senza contorcimenti verbali, parlando di soldi e di scambio. Per passare dalla shopping experience passiva ad una trade experience partecipativa, il primo passo per le Aziende è lasciare spazio ai proprio clienti. E visti le performance recenti non mancano i metri quadri. Manca la volontà.
Alcune catene ci hanno provato a coinvolgere in cliente dandogli la possibilità di comprare e vendere, di offrirgli un’esperienza di scambio. Ci ha provato anche Ikea con Hemma Second Hand (sono 2 anni e 8 mesi che un tizio cerca di vendere una vetrina bjursta). Forse Ikea è una delle poche realtà distributive incompatibili con la trade experience perché I suoi prodotti non sono fatti per invecchiare e mantenere un valore residuo. Il principale errore di queste esperienze è aver voluto limitare troppo la libertà delle persone per paura che il cliente partecipasse davvero. In alcuni casi si sono posti dei limiti arbitrari sul tipo di merce per paura che cannibalizzasse la merce nuova. Così le persone vendono e comprano su altri siti. In altri il ricavato è in buoni sconto. Per capire quanto un buono sconto è apprezzato dai clienti chiedete in giro se le persone preferiscono Euro 10 in contanti o 20 euro su una “selezione di prodotti scelti appositamente per loro”?
Forse è il caso di essere meno timidi e di avere il coraggio di pronunciare la parola “usato” e di integrarlo nella vostra strategia. I vostri clienti lo fanno già. Comprano e vendono su eBay e in negozi specializzati più di quanto immaginiate. Dell’elettronica abbiamo detto. Se poi hanno figli, sanno bene che in media un terzo degli abiti per neonati e bambini è usato. Infatti Mercatopoli ha sviluppato un’insegna dedicata a questo segmento: BabyBazar, trade di abbigliamento e accessori per l’infanzia.
Se non sapete come giustificare la parola usato e avete le slide di powerpoint zeppe di Amazon, potete sempre notare sottolineare che Amazon propone molto spesso la possibilità di comprare dello stesso prodotto un esemplare usato. Se lo fa Amazon potete farlo anche voi.
Contenuto spettacolare, complimenti di cuore. Grazie per le citazioni.