Verificare se la propria insegna sia veramente competitiva rispetto al mercato non è un’operazione banale. Occorre interpretare correttamente i dati, elaborarli e compiere le azioni necessarie al fine di evitare alcuni errori potenzialmente fatali.
Quando si entra negli uffici di molti Cedi retail si notano subito decine di file excel di rilevazioni prezzo, effettuate direttamente presso i negozi della concorrenza o, in alternativa, attraverso internet, da varie società di rilevazione come Euromonitor, Nielsen o Circana, per citare alcuni esempi.
Le rilevazioni riguardano il totale assortimento oppure un paniere di articoli, una categoria più o meno ampia e così via ma, in generale, vengono elaborate al fine di fornirne un benchmark di competitività per comprendere come ci si posizioni, fatto 100 i prezzi dei competitor, rispetto al mercato.
Quando si è più cari dei concorrenti (indice>100) spesso si cerca di limare alcuni prezzi. Questo è un gioco che va avanti con una certa frequenza per assicurarsi di essere sempre abbastanza in linea con quanto applicato dagli altri.
A differenza di altri business, infatti, il retail alimentare è ossessionato dalla concorrenza perché qui il cliente è particolarmente sensibile al prezzo. Non ci si può permettere, dunque, di essere meno competitivi sui prodotti comparabili.
La trappola del comparabile
Cosa significa veramente “prodotto comparabile”? Per molti, tali articoli sono quelli che condividono lo stesso codice a barre, ovvero i prodotti letteralmente identici.
È su queste referenze che si basano, spesso e volentieri, i benchmark di cui abbiamo parlato qui sopra. Il problema però è che un retailer potrebbe avere l’illusione di essere competitivo solo perché più economico dei concorrenti sulle referenze in comune. E se la restante parte dell’assortimento di tale operatore non avesse, invece, prezzi così convenienti? Come si tiene sotto controllo questo aspetto?
Parliamo di un tema che diventa sempre più rilevante in un mondo in cui gli articoli a marchio dei distributori, siano essi supermercati o discount, aumentano la propria quota di mercato. Oltre a questi, poi, anche tanti altri prodotti, trattati magari in esclusiva da un dato retailer o semplicemente meno distribuiti sul territorio, possono risultare non in comune tra operatori diversi e, quindi, non perfettamente comparabili.
È quindi fondamentale non solo rilevare anche i prezzi dell’MDD, dei prodotti non in comune e dei discount ma, in aggiunta, sviluppare dei sistemi di comparazione meno rigidi, che prevedano di mettere a confronto i prodotti facenti parte di una stessa famiglia merceologica, a prescindere dalle micro differenze che possono esserci nella ricettazione delle referenze.
Rilevando la numerica degli articoli per famiglia merceologica, è poi indispensabile comprendere su quali fasce prezzo si concentrano i concorrenti, per verificare la possibilità di riempire alcune esigenze del mercato che rimangono insoddisfatte. Ad esempio, se fatto 100 gli articoli del competitor analizzato, scopriamo che il 70% si concentra su fasce prezzo Trading Up e Up Market, significa che esiste l’opportunità potenziale di coprire meglio il Mid Market, il Trading Down e l’Entry Level, acquisendo un vantaggio competitivo.
Sicuramente, se in un bacino d’utenza certe fasce prezzo vengono coperte più di altre dalla concorrenza, può voler dire che, in tale contesto, sono queste a premiare di più in termini di vendite ma, in linea generale, conoscere la struttura dell’assortimento dei competitor è estremamente utile. Occorre, dunque, non fossilizzarsi solo sugli articoli in comune ma fare un ragionamento di più ampio respiro.
La trappola del “totalone”
Altro tema è quello di non farsi affascinare dai totali. È vero, infatti, che possiamo posizionarci a 96, ad esempio, rispetto ad un concorrente sull’assortimento comparabile oppure su una determinata categoria (es. detergenza) ma è anche vero che il cliente guarda al proprio paniere e non a tutta l’offerta per decidere dove acquistare. È, quindi, fondamentale avere un assortimento armonico.
Se, in effetti, un retailer è mediamente il 4% meno caro del proprio concorrente sul totale categoria (indice 96, appunto) ma, all’interno della merceologia in oggetto, presenta articoli posizionati a 130/140 o 150, ovvero rispettivamente il 30/40/50% più cari, tutti i clienti che metteranno nel carrello tali articoli lo percepiranno come meno competitivo rispetto al competitor di riferimento.
Ottenere un’offerta armonica significa non guardare solo al posizionamento totale o di categoria ma anche accertarsi che i gap di prezzo rispetto alla concorrenza sui singoli articoli non siano troppo marcati.
In questo modo aumenta la convenienza percepita perché si limitano o annullano i panieri che comprendono articoli molto più cari del normale.
La trappola del discount
Quando si rilevano i discount solitamente si cerca di confrontare i loro assortimenti con l’offerta MDD dell’insegna.
Ciò perché, mentre anni fa la marca del distributore serviva ad apportare maggiori margini, oggi viene anch’essa spremuta per competere contro il format di convenienza, ormai arrivato praticamente a veicolare un quarto dei consumi.
Nell’analizzare le rilevazioni prezzo, quindi, ci si vuole sincerare del fatto che il gap di prezzo tra la propria MDD ed i prodotti discount non sia troppo elevato. In sostanza, l’obiettivo è quello di essere al massimo il 7/10% più cari dei discounter, almeno sul marchio proprio.
Il problema è che per essere davvero competitivi, oltre ad analizzare i file che si basano sull’assortimento disponibile, è necessario assicurarsi che l’MDD abbia la corretta detenzione presso i negozi.
Ciò perché in molti casi, nonostante tali prodotti possano effettivamente costituire una buona base per evitare l’emorragia di clienti che dai supermercati si dirigono verso i discount, i punti vendita non ne curano sufficientemente la detenzione, rimanendo scoperti su certe fasce prezzo, solitamente Trading Down ed Entry Level, che, soprattutto dopo l’inflazione recente, sono diventate fondamentali al fine di rimanere competitivi.
In RetailWatch monitoreremo i casi virtuosi di quei retailer i quali sono capaci di armonizzare gli assortimenti al fine di competere efficientemente sia contro i concorrenti del medesimo segmento sia contro i discount.