Febbraio 2020. “Questa settimana il mio negozio chiude e […] diventerà qualcosa di deprimente, tipo una lavanderia. […] Di sicuro ci sarà qualche sciocco che probabilmente penserà che è un tributo da pagare a questa città il fatto che ti cambia continuamente sotto gli occhi in modo tale che non ci puoi mai contare.”
Sono frasi pronunciate da Meg Ryan nel film “C’è posta per te” e che si adattano stranamente bene a un negozio di Milano, sebbene la città a cui ci si riferisca nel film sia New York.
In via Spadari, l’angolo gourmand di Milano (vanta Peck, la pescheria Spadari e Noberasco) si è chiuso da poco Ladurèe, la famosa pasticceria ideatrice dei “macaron”, i delicati, sfiziosi e colorati pasticcini creati a Parigi nel lontano 1862.
Presente in ventuno nazioni, di proprietà del gruppo Holder, probabilmente non ha retto in Italia.
E’ triste. E’ triste vedere le due vetrine del negozio chiuse e sbarrate con del nastro adesivo, le luci spente, il cartello “in affitto”. E’ triste pensare al tempo passato in quel negozio, con l’acquolina in bocca, chiacchierando con le gentili commesse, chiedendo consigli sui migliori macaron da comperare, per sollevare il morale a un figlio reduce da una difficile verifica scolastica.
Al di là della tristezza, però, è lecito chiedersi se un brand, quale Ladurée, noto in tutto il mondo e di antica tradizione, possa chiudere così, senza una parola. A Milano non ci sono solo i milanesi, che viaggiano in tutto il mondo, ci sono anche tanti turisti, che passano davanti al negozio e che poi torneranno a casa. Un brand è un brand. Che apra o che chiuda, il brand va sostenuto, sottolineando i suoi atout. Una vetrina con un grande macaron solcato da una lacrima, un “Au revoir Milan” sono soltanto due idee venute in mente in pochi secondi. Credo ci siano mille atri modi per accomiatarsi da una città, probabilmente migliori di questi due proposti.
Altrimenti anche una semplice frase basterebbe, forse come quella del film: “Dopo 42 anni tiriamo giù la saracinesca. E’ stato bello far parte della vostra vita”.
Li ho comprati più volte in quel negozio, pagati come tartufi, con la confezione bella anche più del contenuto. Il punto è che negli anni si è affermato più il brand “macaron” di quello “ladurée” e imitazioni, spesso ben riuscite, si sono diffuse ovunque, anche dal panettiere sotto casa, alla metà, se non di più, rispetto al prezzo originale. Milano d’altronde è un tritacarne, e temo che la bolla del food stia cominciando a sgonfiarsi. C’è più di qualche avvisaglia temo.
Credo che Alessandro abbia colto nel segno. Il marchio generico macaron ha del tutto oscurato quello Laduree.
Alessandro, la ringrazio per l’attenzione.
Il mio articolo, però, ha un altro tema. Vuole sottolineare come un brand di lusso, presente in 21 nazioni con ben 104 punti di vendita, non dovrebbe chiudere un negozio in maniera così desolante ma sostenere, invece, la sua immagine anche in fase di chiusura.
Very interesting article. Curious how a quasi-Luxory international brand does not value the closing process as an opportunity to still reach customers.
Maybe this speaks to where the brand is headed. Volume, rather than experience. It’s often common to see large brands forgetting about the impact that store locations can have on community and neighborhoods. You would expect much better communication from Ladurée.
Vincenzo, we are on the same page. I just wonder if they would have adopted the same closing communication strategy in their flagship store in Paris.
Sin dalla sua apertura, sono stata una cliente affezionata del negozio in via Spadari e oggi, l’amara scoperta. Condivido pienamente il pensiero espresso nel suo articolo: è avvilente che un brand come Ladurée abbia lasciato Milano senza una benché minima comunicazione, in sordina, quasi con vergogna. Oggi desideravo tanto gustare un macaron Ladurée, ma ho incontrato solo due vetrine vuote e le insegne coperte con del banale scotch da pacchi. Molto triste per questa chiusura e per questo brand che avrebbe meritato un’uscita di scena più dignitosa, nello stile elegante che ha sempre mostrato.
Cassandra, grazie per la sua testimonianza. Siamo della stessa opinione, “noblesse oblige”.
Mi sembra la stessa uscita di Auchan, come dei ladri di polli. Anche i francesi non sono più quelli di una volta
condivido in pieno il pensiero sul brand, anche se ritengo che LaDuree non abbia retto alla concorrenza gourmet italiana che è indubbiamente di maggiore qualità, soprattutto in quella zona, LaDuree ha un ottimo packaging ma poca sostanza